L’arte che nasce dalla contemplazione porta alla
contemplazione. Come quella del beato Angelico.
Ho visitato ancora una volta il museo del convento di san
Marco. La sala capitolare e ogni cella contiene un suo affresco. Ogni frate
domenicano aveva davanti al letto un episodio del Vangelo, dall’indimenticabile
Annunciazione alla ripetuta crocifissione. Alcuni di quegli affreschi sono
notissimi e continuano a parlare ancora dopo seicento secoli. Davanti all’affresco
dell’annuncio dell’angelo a Maria ho recitato una Ave Maria: è fatto per
pregare, come tutti gli altri affreschi, e porta naturalmente alla preghiera.
Le tavole con i dipinti conservate nella grande sala del
chiostro sono grandi quadri e miniature che di nuovo ripropongono la vita di
Gesù, episodio dopo episodio. Con colori vivaci, introducono in ambienti fuori
dal tempo e insieme mostrano scene, paesaggi, persone pienamente incarnate nel
loro tempo. Come i misteri che rappresentano.
L’arte parla, racconta e attende risposta, avvio di un
colloquio.
Mi affascina, ad esempio, la Maddalena nel suo vestito
sempre rosso, pieno di passione, sia quando è rivolta verso Gesù di cui bacia i
piedi, sia quando è rivolta verso Maria che sostiene mentre sta per svenire dal
dolore…
Peccato che questi siano luoghi di pura fruizione estetica, un semplice museo, e non un luogo di contemplazione. Tali opere d’arte sono nate per la preghiera, la meditazione, la catechesi: a questo dovrebbero continuare a guidarci.
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