Continuo a preparare la mia
relazione per il Claretianum e continuo a rimanere fisso nell’idea che ogni
membro di un gruppo o di una famiglia carismatica è chiamato ad assumersi la
responsabilità di portare avanti il carisma di cui è stato reso partecipe.
Rimane vero quanto afferma l’antica
istruzione Mutuae relationes. Si
riferisce ai religiosi, ma vale per ogni persona che si ritrova in mano un dono
di Dio: «Anche ai singoli religiosi certamente non mancano i doni personali, i
quali indubbiamente sogliono provenire dallo Spirito, al fine di arricchire,
sviluppare e ringiovanire la vita dell’istituto nella coesione della comunità e
dare testimonianza di rinnovamento» (al n. 11).
Prima occorre riconoscere di
essere dotati di doni personali proveniente dallo Spirito, poi attuare una
sequela di verbi particolarmente significativi, attivi, dinamici: “arricchire,
sviluppare e ringiovanire”.
Arricchire significa offrire il proprio apporto personale,
sempre nuovo. Con il carisma vissuto dal nostro gruppo abbiamo ereditato un
patrimonio che è stato alimentato dalle generazioni che ci hanno preceduto. Non
soltanto non possiamo disperdere o dilapidale il capitale, ma dobbiamo farlo
fruttare ulteriormente. Occorre metterci del proprio: è il nostro patrimonio! E
ci è stato consegnato dallo Spirito, che ce ne rende responsabili e al quale
dovremo rendere conto.
Sviluppare fa supporre che il carisma,
nella sua ricchezza, contenga elementi non ancora pienamente espressi che attendono
di essere portati alla luce. Qui occorre intraprendenza, sperimentazione, creatività,
senza assumere passivamente, senza ripetere pigramente quanto già detto e
fatto.
Ringiovanire dice che nelle modalità con cui il carisma è stato
vissuto vi sono aspetti ormai desueti, legati a un contesto storico e culturale
ormai superato e quindi bisognosi di essere attualizzati in altri contesti culturali,
con sensibilità contemporanee.
È una missione riconosciuta
alle singole persone e di cui ogni persona deve farsi carico.
L’ultimo
articolo della Regola degli Oblati mi sembra particolarmente eloquente in
merito: «Con la sua oblazione [l’atto della professione religiosa], ogni Oblato
assume la responsabilità del patrimonio comune della Congregazione espresso
nelle Costituzioni e Regole e nella tradizione di famiglia. Lo si esorta a
lasciarsi guidare da queste norme in una fedeltà creativa all’eredità trasmessa
da sant’Eugenio de Mazenod» (C 168).
Il
patrimonio della mia Congregazione – qui si fa riferimento primariamente al
carisma, ma si suppongono tutte le realtà ad esso legate, da quella economiche
a quelle istituzionali, apostoliche… – è dunque affidato ad ogni singolo
membro; un patrimonio che chiede di essere amministrato con fedeltà creativa. Ognuno deve sentirci responsabile del carisma e della
vita del proprio gruppo e mettere a suo servizio le proprie doti, senza
rassegnazioni o pigrizie, ma con audacia e creatività.
Questo per me oggi ... è un bel tiramisù!
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