Giovanni Battista testimonia che Gesù è il Figlio di Dio.
Continuano ad arrivarmi riscontri sul libro Il respiro dell’anima. Le prendo come un invito ad andare in profondità nel rapporto con Dio e nel testimoniare, come il Battista, che Gesù è il Figlio di Dio. Ecco, ad esempio quanto mi giunge:
“In questi giorni sto meditando sul tuo libro sulla preghiera e dal cuore nasce un profondo GRAZIE! È bellissimo ma la parola è strausata. Conquista l'anima, con gli scritti di Chiara e altri ma un grazie anche a te che li incastoni nel punto esatto a loro dovuto per cui è un tutt'uno con quello che scrivi e che vivi altrimenti non sarebbe possibile una tale sintonia. Interpreti le varie situazioni che vive l’essere umano, cogliendone i limiti ma sublimandoli nell'amore a Gesù in cui tutto scompare e annega per trovarsi nel Tutto, in Dio solo. Grazie ancora perché attraverso questo libro aiuti tanti a rendere vicina e possibile l’unione con Dio…”
“La meditazione continua ad essere il mio cibo
di base quotidiano… sono i Salmi che mi hanno
nutriti, dato inspirazione per la vita quotidiana. Il tuo recente libro Il
respiro dell’anima mi va direttamente all’anima. Mi parla tantissimo. Non puoi
immaginare la gioia e l’emozione nei miei occhi. Grazie. Sicuramente, secondo
la legge di Dio, son le tue lacrime che hanno permesso questo dono”.
Sì, l’unione con Dio è la
realtà che può e deve abbracciare e informare ogni attimo della vita, anche
quando non c’è il tempo di pensare a lui; è frutto dell’amare e del soffrire,
dell’adempimento della sua volontà; la si può avvertire vivissima in certi
momenti di luce e in quelli di prova sentirne la lontananza… La è una
manifestazione privilegiata di questo rapporto, è “espressione –
come scriveva Tommaso d’Aquino – del desiderio che l’uomo ha di Dio”.
“Questa attrazione verso
Dio – affermò Benedetto XVI quando diede inizio alle catechesi sulla
preghiera –, che Dio stesso ha posto nell’uomo, è l’anima della
preghiera, che si riveste poi di tante forme e modalità secondo la storia, il
tempo, il momento, la grazia e persino il peccato di ciascun orante”. Essa
“non è legata ad un particolare contesto, ma si trova inscritta nel cuore di
ogni persona e di ogni civiltà. Essa è un atteggiamento interiore, prima che
una serie di pratiche e formule, un modo di essere di fronte a Dio prima che il
compiere atti di culto o il pronunciare parole… è il luogo per eccellenza della
gratuità, della tensione verso l’Invisibile, l’Inatteso e l’Ineffabile”.
Si può dunque non soltanto
interrogarci su Dio, pensare a lui, ma addirittura ascoltarlo e parlare con lui
in un dialogo chiamato che, secondo la celebre definizione della preghiera
lasciataci da Teresa d’Avila, diventa un autentico “rapporto
di amicizia con Colui dal quale sappiamo di essere amati”.
Domani dovrò spiegare queste
cose ai bambini. Inizierò col mostrare alcune foto di bambini in braccio alla
mamma, alla zia, al nonno… e domanderò: “Secondo voi questo bambino è contento?
Perché?”. La preghiera è proprio affidarci alle braccia del Padre…
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