Va bene la testimonianza degli altri, può essere eccellente, ma infine devo fare io la mia esperienza personale.
Sto leggendo gli inizi del ministero
di Gesù e nel Vangelo di Giovanni questo è un dato costante. Chi mette in
dubbio la testimonianza del Battista: “Ecco l’agnello di Dio”? Eppure i suoi
discepoli devono andare di persona a conoscere Gesù: “Maestro, dove abiti?”, e
andarono e stettero con lui. Era necessaria l’indicazione del Battista, ma poi dovevano
fare la loro insostituibile esperienza. Andrea testimonia che ha incontrato il
Cristo, ma Pietro deve andare a incontrarlo di persona. Filippo lo testimonia a
Natanaele, ma ci vuole un incontro a tu per tu con il Maestro. La Samaritana
racconta di Gesù alla gente della sua città, ma alla fine le dicono: “Crediamo
non perché ce l’hai detto tu, ma perché noi stessi abbiamo udito…”. E alla fine
del Vangelo stessa scena: Gli apostoli non credono alla Maddalena, devono vedere
loro stessi il Risorto; Tommaso non accetta la testimonianza degli apostoli
fino a quando non si trova davanti al Risorto.
Possiamo ascoltare, leggere,
avere testimonianza eccezionali…, ma senza un rapporto personale, senza coinvolgimento…
Ti portano fino a un certo punto, poi l’ultimo passo
devi farlo tu. Non si
crede mai per interposta persona. È sempre frutto di un a tu per tu.
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