Agosto 1818. Faceva caldo, come fa caldo nel mezzo dell’estate nel sud della Francia. Ma in quelle aperte campagne sulle colline dell’Alta Provenza, in mezzo a un mare di girasoli, quando la sera si leva leggera la brezza, pare d’essere nel posto più bello del mondo.
La prima volta che era
stato a Saint-Laurent-du-Verdon, nell’antico castello di famiglia, Eugenio si
era annoiato da morire. Che ci faceva da solo, con i suoi vent’anni, confinato
in mezzo ai campi, tra pochi contadini. Sognava le sale dei palazzi di Aix, con
le musiche, i balli, le belle ragazze, le conversazioni brillanti… I mesi non
gli passavano mai.
Questa volta era diverso. Aveva con sé la mamma, la
sorella, due giovani amici fidati. Era lì per riposare, ma soprattutto per mettere
a punto le Regole della società di missionari a cui da poco aveva dato vita, i
Missionari di Provenza. Nella quiete della grande e fresca stanza nella quale si rifugiava, scriveva, scriveva… Articolo 1, articolo 2, articolo 3, articolo 4...
Gliele bastano quattro per sentirsi già stretto. Apre allora una parantesi e si
inventa un “nota bene”, così può finalmente scrivere quello che vuole, senza
preoccuparsi del taglio giuridico. Otto anni più tardi, quando andrà a Roma per
fare approvare dal papa la nuova regola, ha preso quel “nota bene” e ne ha
fatto l’introduzione, intitolandola “Prefazione”. Da allora – attraverso i molteplici cambiamenti avvenuti nella regola in questi 200 anni – la “Prefazione” è rimasta
lì, intatta, a custodire il cuore della sua ispirazione.
21 maggio: festa di sant’Eugenio de Mazenod. Vale la pena
rileggere quel testo fondativo. Lo metto nello strumento online per creare la “nuvola
di parole”, indicizzazione del testo che mostra una grandezza diversa delle parole a
secondo della loro frequenza. Balza in primo piano Gesù Cristo! Poteva essere
diversamente? È lui che lo ha ispirato, è lui che l’ha chiamato, è lui che
vuole seguire, lui che vuole annunciare, lui che vuole far conoscere. La
seconda è “santità”. Anche qui nessuna meraviglia: da subito aveva capito
che è la condizione essenziale per compiere l’opera di evangelizzazione che è
chiamato a svolgere insieme con i suoi compagni. Vengono poi i destinatari: la
gente, i cristiani, le anime… non si vive per se stessi, ma per gli altri. E
poi, e poi… quante parole belle, che è bene avere sempre sott’occhio e che
continuano ad ispirare la Famiglia oblata. Auguri a tutti!
Nessun commento:
Posta un commento