Il prestigioso mensile di “Avvenire”, “luoghi dell’infinito”,
nel mese di maggio mette a tema “Le case di Maria”, riprendendo il titolo di un
fortunato libro di Ermes Ronchi. Viene per prima in evidenza la casa dell’Annunciazione.
Subito appaiono alla mente le infinite interpretazioni dell’arte. Com’era la
casa di Maria a Nazareth? Normale come quella che dipinge Lorenzo Lotto o signorile
e raffinata come quella di Carlo Crivelli? Oppure l’annunciazione avvenne in un
grande giardino prospicente la casa come per Leonardo da Vinci o sotto il
portico come per il Beato Angelico? Mella tradizione ortodossa Maria non ricevette
l’annuncio a casa, ma alla fontana del paese. È là che è sorta la prima chiesa
a Nazareth, ancor oggi luogo di intensa devozione. L’angelo, dice il Vangelo, “entrò
da lei”. Ma entrò in casa? Alla fine del racconto Luca non diche che l’angelo “uscì”,
ma che “si allontanò da lei”. Le stava davanti, con il giglio che la divide da
lei, come nelle annunciazioni di Andrea Della Robbia a La Verna o di Filippo Lippi?
Quell’entrare da lei, al di là delle raffigurazioni
plastiche, dice un’esperienza di profonda interiorità. L’angelo le parla
dentro, in quella stanza segreta che è il suo cuore immacolato, la sua vera
casa. Una casa che Dio aveva preparato da tutta l’eternità per avere quell’incontro
con lei. È lì che avviene il colloquio, talmente vivo e reale che Maria avverte
così forte la presenza dell’angelo che lo vede con gli occhi dell’anima con l’immediatezza
con cui lo vedrebbe con quelli del corpo e ascolta la sua voce con una
nitidezza come lo sentisse con le orecchie del corpo. Ma non c’è bisogno di
parole, di sguardi. È un dialogo silenzioso e insieme distinto, un a tu per tu intenso
e serrato che sembra quasi una battaglia, come Giotto ha saputo drammatizzare
nel polittico di Santa
Reparata a Firenze.
La casa di Maria. E la mia casa?
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