Nell'Aula Magna ex Istituto di Scienze Religiose di Oristano, ed in collegamento streaming, è stata presentata l’edizione critica del libro “Meditazioni”.
La parte più consistente dello studio riguarda l’apparato
critico, che annota le varianti che si susseguono attraverso le 29 edizioni:
vengono proposte in maniera dettagliata e accurata, testo per testo, per ognuna delle 58
“meditazioni” che compongono l’opera.
A prima vita potrà
sembrare arido. Interessa soltanto qualche erudito? Niente affatto. Si possono scoprire
con sorpresa universi impensati. È come leggere un thriller. Le varianti,
specialmente per i testi più antichi, del 1949-1951, lasciano intuire storie
personali sofferte, confronti problematici con l’ambiente ecclesiale del tempo,
richieste di adattamenti per una scrittura che oggi diremmo politically
correct, adattamento a un diverso pubblico…
Possiamo rilevare innanzitutto un processo di
spersonalizzazione nell’intento di universalizzare un’esperienza vissuta in
prima persona dall’autrice. Appare evidente, ad esempio nelle forme verbali, che
passano dal singolare al plurale. La cosa è comprensibile, come rileva la
stessa Maria Caterina Atzori, la curatrice:
considerando «la novità del Carisma – ancora tutta la studiare –, con la sua
specificità, la figura di una giovane donna laica che osa scrivere su argomenti
teologici per un vasto pubblico, un ruolo attivo non ancora riconosciuto ai
laici in fase preconciliare, ecc.,» non fa meraviglia i testi dovevano essere “addolciti”
e universalizzati.
Conoscendo il percorso delle varie edizioni, così come nel confronto con i testi nella forma antecedente la prima edizione, si può ora maggiormente apprezzare il recupero degli scritti nella loro versione originale. Alcuni esempi sono lampanti. Nella famosa meditazione “Ho un solo sposo sulla terra” (n. 14) oggi possiamo leggere, di Gesù Abbandonato, che «Lui è il Peccato, l’Inferno», come nell’originale del 20 settembre 1949, e non più come in precedenti edizioni, quando era diventato semplicemente «il Dolore» o «il Peccato». Non meno interessanti varianti di dettaglio che, ad una lettura attenta, fanno la differenza e si rivelano autentiche perle.
Nella presentazione di oggi mi sono soffermato soprattutto a illustrare il ripristino del testo originale dello scritto “Passeranno i cieli e la terra”:
Si può notare ad esempio una variante di valore letterario,
là dove al prosaico «rivedersi sempre» dell’edizione stampata si preferisce il
più poetico «sempre rivederci» del manoscritto.
Ma vi sono varianti di ben altro spesso, teologico. Così, al posto di «Dio ab aeterno ci ha pensati»
delle edizioni a stampa, viene recuperato l’autografo originale che recita:
«Dio ab aeterno ci ha sognati». Sapersi oggetto del “sogno” di Dio suona
diverso dal sapersi “pensato” da lui, come ho avuto modo di scrivere un anno
fa: https://fabiociardi.blogspot.com/2021/08/sono-in-sogno-di-dio.html
Maria
Caterina fa ancora notare che questo testo, apparentemente disincarnato, quasi
una meditazione fuori del tempo e dello spazio, è un biglietto scritto a
Igino Giordani, che nell’originale, viene chiamato familiarmente “Focherello”:
«Ed io, Focherello, m’accorgo sempre più che “passeranno i Cieli e la terra…”
ma il disegno di Dio non passa». Che rapporto amichevole e dolce traspare da
questo vezzeggiativo! D’altra parte Chiara Lubich era solita chiamare diverse persone con
questi nomi affettuosi. Sto leggendo le sue lettere appena pubblicate e trovo, ad
esempio, che anche Aldo Stedile lo chiama “Alderello”, per non parlare delle
infinite varianti del nome della sorella Liliana. Eppure, nonostante o proprio
grazia a questa intimità, Chiara guarda a Igino Giordani nella sua realtà più
vera, in quel disegno che Dio ha su di lui e che non passerà mai, perché lo
costituisce in tutta la sua dignità e, se egli è fedele nell’attualo, lo
soddisferà, lo appagherà pienamente; ed è la “sola cosa” che può appagarlo,
mentre tutto il resto lascia dei vuoti, non porta alla pienezza.
“Per contestualizzare” è la preziosa parte che accompagna ogni testo dell’edizione critica, collocandoli nell’ambito storico. Si può così ricostruire quando, come, perché sono nati certi scritti e la loro comprensione è aiutata di molto.
Maria Caterina Atzori con Chiara Lubich |
Per lei è da poco iniziato un momento particolarmente
difficile, perché in quello stesso periodo il Sant’Offizio sta conducendo un processo nei suoi confronti. Cosa le dava il coraggio e la forza per essere
fedele al suo Ideale? Forse proprio quell’ultima frase che, depennata dalle
edizioni del libro Meditazioni, viene recuperata nell’edizione critica: “E
lì [dove ab aeterno Dio ci ha sognati] rimaniamo per tutta l’Eternità».
Il libro Meditazioni proporre un cristianesimo che esce dalle chiese e si riversa sulle strade, per incendiare la città (n. 33), fino a che essa diventi «una città d’oro dove il divino è in rilievo» (n. 34).
Colpisce l’enumerazione dei luoghi e degli ambiti:
parrocchie, associazioni, società umane, scuole, uffici (n. 33), il chiasso
della «radio aperta a tutto spiano dell’inquilino accanto, o lo strepito delle
macchine, o l’urlo degli strilloni» (n. 44); la tipologia delle persone: babbo
e mamma, figlio e padre, madre e suocera (n. 33), nobile o cencioso (n. 44),
«il lattaio, il contadino, il portiere, il pescatore, l’operaio, lo strillone…
(…) delusi idealisti, mamme cariche di pesi, innamorati in prossimità delle
nozze, vecchiette spente in attesa della morte, ragazzi frementi, tutti» (n.
35); la tipologia delle situazioni più varie: «gioia e dolori, nascite e morti,
angosce ed esultazioni, fallimenti e vittorie, incontri, conoscenze, lavoro,
malattie e disoccupazione, guerre e flagelli, sorrisi di bambini, affetto di
madri» (n. 38). Sono queste le persone chiamate alla santità, questi i luoghi
della santità di oggi, queste le situazioni nelle quali si è chiamati alla
santità: tutto «è materia prima della nostra santità» (n. 38). Fino a giungere
al testo del 12 novembre 1958 che può essere considerato come la cifra del
cristianesimo di Chiara Lubich, “L’attrattiva del tempo moderno”, che consiste
nel calarsi fino in fondo nel mondo, «mescolati fra tutti, uomo accanto a
uomo», per condividere con tutti «l’onta, la fame, le percosse, le brevi
gioie», e nello stesso tempo «penetrare nella più alta contemplazione» e
«disegnare ricami di luce» sull’umanità (n. 41). Conferma la centralità di
questo testo la sua collocazione all’inizio del libro, a cominciare dall’edizione
del 1984.
Lavoro ottimo, che mette in luce i testi di Chiara Lubich nelle diverse sfaccettature. A mano a mano che si scorre il libro, questi testi emergono in tutta la loro bellezza. Sono cinquant’anni che li leggo e sempre mi dicono cose nuove. In essi si celano dimensioni ancora segrete, segno che davvero Meditazioni è un “classico” e, come ogni classico, continua a parlare al lettore e a instaurare con lui un colloquio sempre nuovo.
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