La guerra in Europa non ce l’aspettavamo: va bene in Medio Oriente, in Africa, ma non da noi, popoli civili. Non ci aspettavano neppure l’epidemia, nell’era della scienza e della tecnica. Ed ecco che d’improvviso si ritroviamo fragili e vulnerabili, noi resi sicuri dal benessere e della democrazia. L’ottimismo, quell’illusione superficiale dell’“andrà tutto bene”, si è presto sgonfiato lasciando nell’angoscia. È il buio.
Era notte quando nell’orto degli ulivi Gesù provò
tristezza e terrore. Le tenebre coprivano la terra quando egli moriva nella più
nuda solitudine. Indebito l’accostamento della nostra notte a quella di Gesù?
Spiritualizzazione evanescente e consolatoria che elude i problemi? La verità
di un Dio che spegne la propria gloria – la propria luce – per condividere fino
in fondo il buio dell’insicurezza, dell’ansia, dello scandalo del male, bevendo
fino all’ultima goccia il calice dell’amarezza e della crudeltà umana, è di una
tragicità sconvolgente. Ha toccato il fondo, fino all’aberrazione, al dolore
più straziante. Facendolo suo ha rischiarato ogni buio.
Se l’annuncio della Resurrezione sale dal
punto più basso della storia umana, dal cuore della tenebra e della morte, è
veramente foriero di speranza. Ci apre gli occhi sulla realtà vera: Dio è
venuto dalla nostra parte, si è fatto solidale con noi, ha preso sul serio il
nostro vivere, il nostro patire, il nostro morire, ha in mano il bandolo della
matassa della storia, ha aperto una strada tra i flutti del mare, guida con
mano decisa il nostro cammino, ci conduce verso una meta sicura.
La Pasqua è una luce; non un fuoco fatuo alimentato da messaggi illusori; un faro di sicura speranza, acceso sullo spegnersi di un Dio che ama da morire!
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