«In questi tragici e
dolorosi momenti nei quali la vostra patria è calpestata da piedi stranieri,
mentre il vostro antagonista come nemico della patria occupa i vostri focolari,
vi mandiamo, noi studenti cattolici, l’espressione del nostro fraterno amore.
Non abbiamo la possibilità di mutare la triste situazione, ma sentiamo in noi
l’intera forza del nostro amore cristiano che ci affratella oltre i confini di tutte
le Nazioni. I Governi di oggi non conoscono il monito del Papa: “La vera Pace è
più frutto del cristiano amore del prossimo che di giustizia” e preparano per
il futuro nuove guerre per tutta l’umanità. La società moderna affonda nei dolori
delle passioni umane e si allontana da ogni ideale d’amore e di pace. Cattolici
voi e noi dobbiamo portare il soffio di bontà che solo può nascere dalla fede
di Cristo. Fratelli, in queste nuove prove e terribili dolori, sappiate che la
grande famiglia cristiana prega per voi; agite perché le sofferenze e i lutti
vi siano alleggeriti. Siccome la pace del mondo senza Dio non può tornare,
serbate almeno voi, uomini di buona volontà, nei vostri cuori Colui che nella
grotta fu annunziato dagli Angeli il Salvatore dell’Umanità».
Non è una lettera di questi
giorni ai cristiani dell’Ucraina. È una lettera scritta 100 anni fa, nel
gennaio 1923 ai cristiani della Francia. È di un giovane, Pier Giorgio
Frassati, di cui oggi ricorre il compleanno (Torino, 6 aprile 1901 – 4 luglio
1925).
«Vorrei che noi giurassimo
un patto che non conosce confini terreni, né limiti temporali: l’unione nella
preghiera» scriveva a Isidoro Bonini, il 15 gennaio del 1925. Certo che «la
violenza non può superare la forza della nostra fede, perché Cristo non muore»
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