Un Natale diverso, quello di quest’anno. Mi trovo in
quarantena fiduciaria. Come tanti. Siamo tutti in zona rossa: senza parenti,
senza la tradizione, senza poter uscire di casa. Per qualcuno sarà un Natale vissuto
da solo... Le circostanze nelle quali siamo costretti a vivere possono diventare
l’occasione per andare al cuore dell’evento, riscattandolo da riduzioni a sentimento o consumismo.
Preoccupazione principale era diventata il regalo da scegliere, il menù
da preparare; preoccupazione ottima se espressione d’attenzione a quelli di
casa, se un modo per rinsaldare i legami d’amicizia. Ma il Bambino rischia di
rimane sempre nell’angolo, presenza cara e patetica, ma irrilevante!
Proviamo a rimetterlo al centro? È il solo a possedere una
risposta convincente allo smarrimento, all’inquietudine, alla paura, quando non
alla rabbia, alla ribellione di questi giorni. Un Dio che rinuncia ai cieli,
che si spoglia della sua regalità per farsi uno di noi, bambino, fragile,
bisognoso di tutto.
Davanti a un bambino anche un cuore scettico o indurito si
abbandona alla tenerezza. Non è debolezza o sentimentalismo, è istinto per la
difesa del debole, innato senso di protezione che scatta spontaneo. Le barriere
ideologiche cedono e fiorisce la simpatia. Quale obiezione a un Dio che non si
impone ma si rimpicciolisce, si fa bambino e subito condivide povertà,
persecuzione, esilio, le nostre miserie? Non ha mai abbandonato la nostra
storia sapendo compartire ogni nostra esperienza umana. Si rende presente in
ogni solitudine e si fa compagnia, in ogni disperazione e si fa speranza, in
ogni tensione e si fa concordia. “Non ci ha guardato dall’alto, da lontano – ha
ricordato papa Francesco questi giorni –, non ci è passato accanto, non ha
avuto ribrezzo della nostra miseria, non si è rivestito di un corpo apparente,
ma ha assunto pienamente la nostra natura e la nostra condizione umana”.
Davanti al presepe, ha continuato il Papa, “possiamo
diventare un po’ bambini rimanendo a contemplare la scena della Natività, e
lasciare che rinasca in noi lo stupore per il modo ‘meraviglioso’ in cui Dio ha
voluto venire nel mondo. Questo farà rinascere in noi la tenerezza”.
Se sapremo farci avvolgere dallo stupore, dall’incanto del Natale, quando lasciamo il
presepe ci sorprenderà rivedere quel Bambino nel volto dei nostri bambini. Forse
lo riconosceremo sul volto dei nostri vecchi, del vicino di casa. Lo penseremo accanto
agli ammalati che non possiamo visitare, ai parenti lontani... Tanti contatti
ci sono preclusi ma egli è nato anche lì dove non possiamo andare: è
l’Emmanuele, il Dio con noi, in noi, tra noi.
Sarà un Natale diverso, sarà il Natale di sempre, quello vero: la riscoperta della più semplice delle verità: Natale è lui, è quel Bambino!
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