Quest’anno a Natale non potrò andare dai miei pronipotini.
La pandemia ha chiuso le frontiere… Quasi quasi racconto loro la storia di Natale
di Leone Tolstoj. È famosissima, ma loro sono piccolini e forse non l’ha ancora
sentita raccontare.
In una certa città viveva un calzolaio di nome Martino.
Era un po’ triste perché si sentiva solo. Gli era morta la moglie e non aveva
figli. Una sera, dopo essersi addormentato, udì una voce e si svegliò di
soprassalto. Qualcuno gli stava dicendo: “Martino! Domani verrò a trovarti”.
Non c’era nessuno eppure era sicuro che a parlare fosse stato Gesù.
La mattina Martino si alzò prestissimo, si mise il
grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Intanto guardava fuori
per vedere quando sarebbe arrivato Gesù.
Arrivò Stepanic che cominciò a spalare la neve davanti
alla finestra di Martino. Dopo un po’ il calzolaio usci sulla soglia e gli fece
un cenno: “Entra, gli disse, vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo”. “Che
Dio ti benedica!”, rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve… “Siediti
e prendi un po’ di tè”, gli disse Martino. Mentre bevevano, Martino continuava
a guardare fuori della finestra. “Stai aspettando qualcuno?”, gli chiese Stepanic.
“Ieri sera, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: Guarda in strada
domani, perché io verrò a trovarti”. Stepanic se ne andò e Martin si sedette a
cucire uno stivale.
Mentre guardava fuori della finestra, una donna passò
di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e
aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di
riparare il piccolo coi propri indumenti, ma aveva indosso solo una logora
veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un
po’ di pane e della zuppa. “Mangia, mia cara, e riscaldati”, le disse. Mangiando,
la donna gli disse: “Sono la moglie di un soldato. Hanno mandato mio marito
lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non sono riuscita a trovare
lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare. Ieri ho portato
al monte dei pegni il mio ultimo scialle”. Martin andò a prendere un vecchio
mantello. “Ecco, disse. È un po’ liso ma basterà per avvolgere il piccolo”. La
donna, prendendolo, scoppiò in lacrime: “Che il Signore ti benedica”. “Prendi”,
disse Martino e le porse del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi
l’accompagnò alla porta.
Tornò a sedersi a lavorare. “Martino, mi tieni un po’
il bambino, perché devo andare a fare una commissione e non posso lasciarlo
solo”. Era una vicina di casa che si era affacciata sulla porta con un
ragazzino. “Ormai so come va a finire, le rispose Marino. Il bambino mi mette per
aria tutta la bottega e non mi lascia lavorare…”. Poi guardò la mamma e il bambino.
“Va bene Giorgio, resta pure con me, ma cerca di stare buono…”.
Intanto la giornata passava e giunse la sera. Si era
fatto buio. “Mi sarò sbagliato, disse Martino. Gesù non è venuto…”.
D’improvviso, mentre stava mettendosi a letto, udì dei
passi. Martino si voltò e udì una voce che gli sussurrava all’orecchio: “Martino,
non mi riconosci?”. “Chi sei?”, chiese Martino. “Sono io”, disse la voce. E da
un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una
nuvola. “Sono io” disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in
braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero. “Sono io”, ed era la
voce dell’altra mamma con Giorgio…
Martino si sentiva leggero e felice. Si ricordò allora le parole di Gesù: “Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me”. Così Martino comprese che Gesù era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo.
Nessun commento:
Posta un commento