“Dopo l’entusiasmo che la tua
generazione ha vissuto dopo il Concilio e le disillusioni della mia generazione
è difficile dire dove stiamo andando”.
Non riesco a togliermi da dentro queste parole che mi sono giunte giorni addietro e che continuano ad accompagnarmi.
Dovrei rispondere a chi mi ha scritto, ma non so cosa rispondere. Sì, perché per fortuna non siamo come “Siri” o “Wikipedia” che hanno una risposta ad ogni domanda: siamo umani! Possiamo accogliere le domande, condividerle, portarle in cuore, lasciare che rimangano lì, anche quando fanno male.
«Questo messaggio veniva da un uomo ci scommetto – mi ha scritto un’amica
lettrice del blog con la quale ho condiviso quella che considero una domanda,
anche se apparentemente è una semplice asserzione -. Perché ad un uomo nel 90%
dei casi serve un perché. Ad una donna nel 90% basta un PER CHI». Poi ha
aggiunto: «È il tempo dello Stare, non si va da nessuna parte. Si sta con
Maria, perché c’è bisogno di un Mondo nuovo. Il vecchio è a pezzi. Si scende al
piano di sotto. Dove è buio e freddo, dove c’è dolore e non senso. C’è un’umanità
che soffre, ma quando si parla di condividere un po’ di sofferenza col nostro
vicino, col più prossimo di noi, anche noi fuggiamo. Invece è da questa
condivisione muta che tutto può partire. Io dico: preserviamo la speranza, certo,
ma quella che si costruisce con la fatica e l’ascetica, non quella nutrita solo
dall’ottimismo ottuso. Tutto andrà bene? No. Non funziona così».
E il mio entusiasmo? Viene dall’aver vissuto il Concilio Vaticano
II, dagli anni delle speranze, dalla condivisione di sogni in grande? Dovrei
rinunciarvi, quando qualcuno mi para davanti le incoerenze, i fallimenti, il
futuro senza orizzonte? Ma senza poesia non si vive. E non parlo certo di versi
in rima o di parole sparse, ma dell’incanto, della meraviglia davanti alle
sorprese che ogni giorno riserva. Della bellezza che spunta tenace anche tra le
bruttezze.
E le sue disillusioni? Quelle che lui (sì è un lui!) m’ha donato? Dovrei
sapere mettere da parte il mio entusiasmo, le mie certezze, le mie speranze,
per sposare il suo vuoto, il futuro avvolto dalla nebbia, le barriere che
imprigionano. Lasciare la poesia per la prosa.
Mi tornano le parole di una canzone:
Qualunque cosa si dica di questo mondo malato
Ovunque vada la vita chi si ferma è andato
Quanto ci costa l’amore; che cos’è che rimane
Quando scende la notte dentro le persone
In questo mondo di case sempre meno sicure
Di relative certezze per niente chiare
Qualcuno ancora ci prova ad ascoltare col cuore
E ci sorprende un sorriso una carezza un fiore
Siamo, siamo nebbia sulle scogliere
Fiumi in piena da attraversare
Da risalire come salmoni
E siamo occhi e siamo mani
Gli uni gli altri sui nostri sentieri
Con tanti sogni grandi e piccoli pensieri
Sogni grandi e piccoli pensieri
(Piccoli Pensieri
Testo di Franz Coriasco)
Nessun commento:
Posta un commento