lunedì 11 luglio 2016

Perché apa Pafunzio pronunciava menzogne


“Fuori di te non ho alcun bene sulla terra”.
“Il mio bene è stare vicino a Dio”.
“Sei tu, Signore, l’unico mio bene”.

Aveva lasciato la cella e s’era inoltrato lungo la pista che lo conduceva alla montagna. Voleva immergersi nella natura e contemplare in essa l’orma del Creatore. Ad ogni passo un’invocazione, ripetendo parole della Scrittura che aveva seminato nel proprio cuore. Erano come dardi infuocati che partivano per il cielo, pari a quelli che il sole lanciava sulla terra.
Erano parole tante volte fiorite sulle sue labbra, eppure quel giorno non lo saziavano come al solito. Gli insinuavano piuttosto un senso di insoddisfazione e di disagio.

“Da chi andremo, Signore, tu solo hai parole di vita”.
“… con tutto il cuore, l’anima, le forze…”.
“Sono tuo, sono tutto tuo”.

Era arrivato alla grotta che tanto amava, ancora più solitaria della sua cella, luogo segreto, a tutti nascosto, noto solo a Dio. Lì poteva parlargli con piena libertà, sicuro che nessuno l’avrebbe ascoltato, se non l’Altissimo.

“Ti seguirò ovunque andrai”, continuò con le parole di Pietro.
Non era una pretesa troppo ardita? Aveva condotto Pietro al fallimento.
Come poteva osare una simile affermazione?
Corresse la dichiarazione presuntuosa in un’umile preghiera:
“Fatti mio compagno e porta tu a compimento, la tua chiamata”.

Poi riprese con  le parole dell’amore infuocato:
“Il mio cuore è pronto per te,
per te mio Dio”.
“Signore mio, Dio mio”.
Ma quel giorno non lo infuocavano, così come non l’avevano acceso le altre ripetute per via. Anzi, più le ribadiva più lo lasciavano turbato.
Fin quando si disse con sincerità: “No, non è vero. Il mio cuore non è pronto per te; Dio, non è l’unico mio bene, non il mio tutto. Non sono vere queste parole, non lo sono per me. Non sono David, non il profeta, non l’apostolo. Loro potevano pronunciarle perché erano santi”. Dette da lui altro non erano che menzogna.

Il giorno volgeva a compimento e s’era levato un soffio d’aria leggero. Apa Pafnunzio stava ancora immobile, seduto sulla bocca della caverna, guardando il cielo che riprendeva i suoi colori, ora che il sole se ne andava.
Non proferiva più parole. Aveva da tempo interrotto la litania, diventata blasfema, perché non vera.

Ed ecco riapparire sulle labbra, lentamente, non richieste:
“Fuori di te non ho alcun bene sulla terra”.
“Il mio bene è stare vicino a Dio”.
Cercò di frenarle, tacitarle. E non poteva.
“Sei tu, Signore, l’unico mio bene”.
 Non è vero, non è vero, gradava inutilmente.
 “Il mio cuore è pronto per te,
per te mio Dio”.
No, non è pronto, non è pronto…
“Sono tuo, sono tutto tuo”.
Non sei il mio tutto e io non sono tutto tuo…
Si imponeva di tacere, di smetterla con quella commedia, o piuttosto tragedia tanto era ipocrita il suo parlare. Ma le parole erano più forti di lui, non sapeva trattenerle, non poteva impedire che gli sgorgassero dal cuore.
Si arrese infine alla lotta impara e lasciò che finalmente fluissero liberamente, come un torrente in piena che travolge inutili argini e barriere.

“Perché ti dico tutto questo, se non è vero?”.
Attese, e venne la risposta:
“Perché lo sia”.


4 commenti:

  1. “Perché ti dico tutto questo, se non è vero?”. Perché lo sia!!! Grazie, Fabio, mi fanno tanto bene queste tue parole nella veglia di incominciare la chemio... 1

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  2. Ho divorato questo racconto, padre Fabio, perchè lo sentivo tanto mio... E allora un pensiero, un proposito: andare a riprendere quel tuo libro e tornare a meditarlo... Ho sete di Dio.
    Da Varese

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  3. Una meraviglia. Grazie! Alessandra

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  4. È arrivato al momento giusto... che grazia qs lettura che apre il cuore e l'anima. Tutto s'infrange nel divino.

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