giovedì 9 giugno 2016

L'arditezza dell'esperienza e del linguaggio dei mistici

La letteratura sulla mistica ne analizza il particolare tipo di scrittura, i termini iperbolici, antitetici, simbolici, i mezzi stilistici come paradossi, metafore, il massiccio uso di immagini. Si parla dell’audacia di immagini e simboli, dell’arditezza del linguaggio, che a volte sembra piegarsi all’esperienza, fino a travolgere la grammatica, la sintassi, gli stessi vocaboli che vengono reinventati.
Si pone soprattutto in rilievo l’ineffabilità dell’esperienza, l’inadeguatezza della parola, il silenzio, la reticenza a comunicare. Eppure, come è stato notato, il mistico «si sente obbligato» a trasmettere, a dire la propria esperienza «con linguaggio umano, in forza della dimensione ecclesiale della sua stessa esperienza che non è personale ma dono di Dio da partecipare agli altri. L’esperienza del silenzio trabocca e tende ad esprimersi. Chi, come il mistico, ha ascoltato Dio che lo inabita, prova la necessità di parlare a Dio e di Dio. Si pensi a Giovanni della Croce, mistico per antonomasia, che ha incontrato Dio nel e come silenzio, nulla, tenebre, oscurità, notte, ed ha espresso con parole, sia pure inadeguate, la sua sconvolgente esperienza interiore. Proprio perché il silenzio lo aveva messo in comunione con l’Assoluto, la parola, che ne è tracimata, ha risposto all’esigenza di comunione espressa mediante la comunicazione».
L’esperienza si fa mistagogia, desiderio non soltanto di comunicare l’esperienza, ma di condividerla fino a coinvolgere nella medesima esperienza.
Ciò è particolarmente evidente dell’esperienza di Chiara Lubich, che si sente chiamata a introdurre nella propria esperienza, fino a renderne partecipi. Riguardo alla sua comprensione delle realtà di Dio, annotava: «Descrivevo così perfettamente ogni cosa alle focolarine che anche esse “vedevano” nella stessa maniera». L’esperienza che le è dato di compiere non è per lei soltanto, è veramente carismatica, ossia “per l’edificazione comune”, “per il bene della Chiesa”, per l’umanità intera.


Come continuare a “dire” e a “dare” quell’esperienza carismatica? È l’interrogativo che si pongono una cinquantina di studiosi di varie parti del mondo, riuniti per tre giorni a Castelgandolfo, nella casa sul lago, in un seminario sulla traduzione dei testi mistici, quelli di chiara Lubich in particolare. Tradurre anche in cinese, arabo, lingue molto lontane dalle nostre lingue latine. Una sfida entusiasmante.
Partecipando e intervenendo al seminario, condivido la meraviglia per il linguaggio dei mistici. L’arditezza del loro linguaggio è soltanto riflesso di una ben più profonda arditezza: l’esperienza stessa che lo Spirito dà loro di compiere. È continuazione di esperienze e parole ardite che troviamo già nella Scrittura. Vi sono formule più audaci delle affermazioni di Pietro: “voi siede dei”, o di Paolo: “con-sedete con Cristo”, sul trono stesso di Cristo, così da vivere e sperimentare dal di dentro la sua signoria?


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