domenica 22 marzo 2015

Farò la Pasqua da te


«Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”».
Stava leggendo il Vangelo che lo introduceva nel Triduo santo, quando rimase colpito da quel “tale”. Chi sarà stato quel tale a cui il Signore inviava i suoi due discepoli con l’invito a prestargli la casa per celebrare la Pasqua? “Un tale”. Anche lui si sentiva uno qualunque, “un tale”.
E se il Maestro si stesse rivolgendo proprio a lui? Se fosse proprio lui quel tale a cui il Maestro chiedeva di fargli posto in casa?
Apa Pafnunzio non sapeva se gioire per l’onore che gli veniva riservato oppure turbarsi nel constatare l’inadeguatezza dell’accoglienza che avrebbe potuto offrire al Maestro.
Quel tale aveva una grande sala al pieno superiore della casa, adatta alle esigenze, degna di una così grande celebrazione. Ma lui, apa Pafnunzio, non aveva che una misera cella, per niente idonea ad accogliere il Signore.
Eppure sentiva che la richiesta era proprio rivolta a lui: “Il Maestro dice: farò la Pasqua da te”. Come avrebbe fatto a preparare in maniera degna la sua misera dimora?
Continuò poi nella lettura del Vangelo e si accorse che v’era scritto: “I discepoli… prepararono la Pasqua”. Non avrebbe avuto di che preoccuparsi, ci avrebbero pensato altri a preparare l’occorrente, a lui si chiedeva solo la disponibilità ad accogliere il Signore.
Sì, era disposto a far entrare il Maestro nella sua casa. 
Udì la sua voce: “Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, entrò da lui e cenerò con lui”.
Apa Pafnunzio aprì la porta. Il Maestro venne. 
Ed era già Pasqua.

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