Due anni di pontificato (oggi è l'anniversario dell'elezione) sono bastati a papa Francesco per proporre una nuova immagine di Chiesa. Da un
diffuso rifiuto nei riguardi di essa, si è passati ad un inatteso interesse, ad
una pregiudiziale positiva. È sicuramente frutto delle sue parole e dei suoi
gesti, della vicinanza alla gente, del rifiuto di ogni apparato barocco, della
palese sincerità dell’agire, della trasparenza nelle scelte. Ma anche del
recupero della categoria biblica di “popolo di Dio”: una Chiesa dove c’è posto
per tutti. Un popolo che procede a volta in maniera un po’ disordinata e
caotica, portandosi dietro feriti e persone deboli, ma pur sempre popolo di
Dio. Era stata la definizione privilegiata del Concilio Vaticano II, eppure
dopo pochi anni venne volutamente emarginata dalla riflessione teologica (con
le conseguenze ricadute nella pastorale), perché ritenuta troppo sociologia: si
prestava a fraintendimenti, soprattutto nell’America Latina. E proprio
dall’America Latina papa Bergoglio se la porta con sé a Roma e la ripropone a
tutti. Nell’Evangelii gaudium l’ha
ripetuto a chiare lettere: «Tutto il popolo di Dio annuncia il Vangelo», è «Un
popolo dai molti volti», dove «tutti siamo discepoli missionari».
A papa Francesco non
piaccia un modello di Chiesa irreggimentata, statica, “sferica”. Il modello che
propone è dinamico e “poliedrico”, spigoloso, ricco delle sue diversità, con
tensioni di cui non si deve avere paura, ma che sono piuttosto occasione di
continua crescita. Il 1° novembre dello scorso anno, parlando alla Catholic
Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships, raggruppamento
di associazioni carismatiche prevalentemente cattoliche, ha affermato con
coraggio: «L’uniformità non è cattolica, non è cristiana. (…) L’unità non è
uniformità, non è fare obbligatoriamente tutto insieme, né pensare allo stesso
modo, neppure perdere l’identità. Unità nella diversità è precisamente il
contrario, è riconoscere e accettare con gioia i diversi doni che lo Spirito
Santo dà ad ognuno e metterli al servizio di tutti nella Chiesa».
Per questo è diventato da
subito il papa di tutti: da qualsiasi parte uno sia schierato sente che papa
Francesco lo raggiuge lì dove è, senza giudicarlo, con quella misericordia e
tenerezza di cui si è fatto ambasciatore, perché «unità è saper ascoltare,
accettare le differenze, avere la libertà di pensare diversamente e
manifestarlo! Con tutto il rispetto per l’altro che è il mio fratello». Vale
per sé quello che propone a tutti: «Non abbiate paura delle differenze!».
In una parola: «siamo tutti
figli di Dio, e tutti amati in modo unico. (…) Questa è la Chiesa!» (1 ottobre
2014).
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