“Hai mai pensato che anche noi professionisti, medici,
ingegneri, avvocati possiamo desiderare la santità? Hai mai pensato che anche
noi laici dobbiamo essere assetati di anime e buttarci all’apostolato con l’ardore
dei primi cristiani?”. Siamo agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso. Aveva
più di vent’anni Carlo Carretto quando un giovane medico, ventinovenne, Luigi
Gedda, gli rivolse queste parole: ne rimase incantato e lo seguì. Più tardi
venne il dissenso tra i due, per il diverso modo di intendere il rapporto tra
Azione Cattolica e politica. Quell’incontro segnò comunque l’inizio di un
cammino che portò Carlo Carretto molto lontano.
Luigi Gedda una volta mi telefonò, con mia grande
sorpresa, per congratularsi dell’uscita del mio libro I Fondatori uomini
dello Spirito. Anche Carlo Carretto lo incontrai una volta soltanto, quando
parlò in Piazza Pia ad Albano nel 1970. Di lui ho letto alcuni libri, anni fa,
ma non il primo e forse il più famoso, Lettere dal deserto, che ha avuto
una quarantina di edizione ed è stato tradotto in una decina di lingue. Per
ogni cosa c’è il suo tempo e, casualmente, come spesso avviene, mi sono ritrovato
tra le mani questo libro, che ho letto d’un soffio. Le 40 pagine di
introduzione ricostruiscono il percorso dell’autore e la storia del libro, interessantissimo
tracciato della Chiesa italiana nella prima metà del Novecento.
Quel seme posato nel cuore di un giovane – “Hai mai
pensato che… possiamo desiderare la santità?” – ha attecchito nel deserto del
Sahara, nelle periferie di Francia, a Spello in Umbria… e ha portato frutto,
che ancora oggi nutre.
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