Ho assistito ad entusiaste manifestazioni
popolari di fede. Il giorno della Trasfigurazione, che il calendario orientale
colloca il 19 agosto, è anche il giorno del ringraziamento per i frutti della
terra. Ogni famiglia va a messa con un mazzo di fiori guarnito con una mela o
un altro frutto. A L’viv la chiesa della Trasfigurazione è troppo piccola per
contenere la gente. (Anche le altre chiese di città e di villaggio sono troppo
piccole; viaggiando vedo più gente fuori di quanta ce n’è dentro). Quest’anno
ricorre il decimo anniversario della riapertura della cattedrale di L’viv. Per
l’occasione l’afflusso della gente è più numeroso del solito. Giungono dalla
varie parrocchie, in processione, con in testa gli stendardi.
L’unico modo per poter seguire la
celebrazione stando fuori, come capita a me, è quello di seguire il movimento
degli stendardi che, sulle gradinate e nella piazza, si muovono a ritmi
cadenzati, quasi prostrandosi ogni volta che dentro si ripete il nome della
Santa Trinità.
Al
termine della Santa Liturgia il Patriarca esce a benedire i frutti della terra.
È una benedizione consistente: gli inservienti sono armati di capaci secchi
d’acqua. Quindi la processione: in testa gli stendardi portati da uomini e
donne in costume, segue uno stuolo di monache, i preti, il patriarca benedicente
e infine gente a non finire, che si ammassa in maniera caotica. Gli uomini
cantano a squarciagola con voci potenti: i cosacchi dovevano cantare allo
stesso modo! È una festa di massa. Mentre si attraversa la città verso la
cattedrale, uno dei presenti, sapendomi italiano, mi grida: “Se Bertinotti
fosse qui si prenderebbe un infarto! Guarda cos’è l’Ucraina dopo 70 anni di
comunismo”.
A
Bertinotti bisognerebbe far vedere anche il rifiorire delle chiese, una volta
trasformate in magazzini, depositi, cinema, che ora conoscono un nuovo
splendore; oppure le chiede nuove, con le loro cupole luccicanti, che spuntano
in ogni villaggio, al posto di quelle distrutte. Sarebbe meravigliato come si
meravigliarono tanti quando, il 17 settembre 1989, per la prima volta i
cristiani si riunirono in piazza. “Ma da dove spuntano, si domandava la gente;
non erano stati annientati?”. Sì, Bertinotti sarebbe contento di vedere un
popolo in festa, che può esprimere in libertà la propria fede.
La
volontà di proclamare la fede si è manifestata anche nella ricostruzione del
santuario di Sarvanyzia. Nel mese di luglio vi sono convenuti due milioni di
persone, con tutti i vescovi, per la sua inaugurazione e per la celebrazione
del Giubileo. Andando a visitare il santuario mi sono chiesto dove possono aver
messo tanta gente. Si viaggia con mezzi di fortuna, non ci sono alloggi...
La
fede è quasi ostentata perché è stata a lungo provata. Vado a visitare la tomba
del cardinale Josyf Slipyj, i cui resti sono stati da poco riportati in patria.
Con i suoi 18 anni di deportazione in Siberia e con il successivo esilio è il
simbolo di una Chiesa perseguitata, di migliaia di cristiani uccisi, di diritti
conculcati. La Chiesa ha vissuto in clandestinità fino alla sua rinascita alla
fine degli anni Ottanta.
Suor Solomia, una mia ex alunna che ho
ritrovato con gioia nella sua terra, mi racconta di quando, dopo la morte del
padre costretto a passare alla Chiesa ortodossa per far vivere la famiglia, la
mamma decise di tornare alla Chiesa cattolica. La sua casa divenne luogo di
incontro e di preghiera. Il prete arrivava di nascosto verso le undici di sera
e con lui, a piccoli gruppi, la gente dei villaggi vicini. Il prete confessava
e teneva la catechesi. Alle quattro del mattino la messa e allo spuntare
dell’alba la bambina, insieme ad altri ragazzi portava nuovamente al sicuro il
prete. Ricorda altri preti picchiati a sangue, le perquisizioni della polizia,
le icone e i libri di preghiera nascosti nei posti più impensati...
Padre
Jvan racconta di quando disse alla mamma: “Questa notte avremo la messa in
casa”. Tutta la famiglia si raccolse, aspettando il prete. Solo allora Padre
Jvan cominciò a indossare le vesti liturgiche e i suoi seppero che era prete da
tempo.
La
mamma di Suor Volodymyra seppe dalla televisione, grazie ad una intervista
fatta subito dopo la perestrojka, che sua figlia era suora. Fu una sorpresa
anche per i colleghi d’università dove lei lavorava. Per nove anni era riuscita
a condurre la sua vita consacrata nella clandestinità, a riunirsi con le
consorelle per il ritiro mensile, ad incontrare ogni settimana la superiora per
i colloqui di formazione.
Sembrano
racconti d’altri tempi e sono appena di ieri.
Mi
dicono che sono sempre troppo ottimista e che vedo solo il bene e il bello. Ho
visto anche l’arretratezza economica e la povertà. Dopo dieci anni dalla caduta
del comunismo l’Ucraina è andata indietro invece che andare avanti. La classe
politica è composta da ex comunisti che in pochi anni hanno dilapidato i beni
dello stato, segno che anche prima erano guidati non da una ideologia, ma dalla
sete del potere e dal proprio interesse. La corruzione è alle stelle. I salari
sono bassissimi, del tipo 10-15 dollari al mese. Ho avuto anche l’impressione
di un certo immobilismo, quasi una rassegnazione collettiva, frutto di una
antica e sistematica repressione di ogni tipo di inziativa. È ugualmente
evidente l’impostazione di modelli consumistici occidentali che finiranno per
recare danni ancora peggiori.
Anche nel campo ecclesiale non mancano le
ombre. Le vocazioni sono numerose. In chiesa non ci sono soltanto donne e
anziani, ma anche uomini e giovani. Tuttavia il soffio nuovo del Concilio tarda
ad arrivare. La rapida evoluzione della società esige una Chiesa capace di
cambiare, di adattarsi, di offrire risposte nuove a bisogni nuovi. L’ottanta
per cento della popolazione non appartiene a nessuna Chiesa e manifesta una
forte esigenza di Dio, domanda un nuovo tipo di evangelizzazione a cui i
cristiani forse non sono pronti, lasciando terreno libero alle sette che
arrivano forti del loro dinamismo e delle risorse economiche.
Tutto
questo non può tuttavia esimerci dal godere di una ritrovata libertà, dal
condividere gioia ed entusiasmo di un popolo che è rimasto fedele nella
persecuzione e che ora ha bisogno di esprimere la propria fede nelle forme
tradizionali del passato troppo a lungo represse.
Una nuova primavera può sbocciare anche qui.
Ne vedo il segno nelle 120 suore che hanno seguito il mio corso, appartenenti a
istituti ucraini di rito bizantino ucraino. Giovanissime, si muovono con un
certo impaccio negli abitoni riesumati dal tempo precedente la persecuzione. Il
loro vestito mi sembra la parabola di un imbrigliamento in strutture
inadeguate, che non consente loro di esprimersi con tutta la carica di novità
che portano in sé. I loro istituti non hanno conosciuto il rinnovamento
conciliare e continuano con le rigide regole di una volta.
Le
guardo, immobili e raccolte, mentre cantano per ore le loro preghiere su
melodie che si intrecciano dolcemente. Ne sono incantato. Mi travolgono nella
loro contemplazione. Mi sembrano germogli nuovi di vita che a fatica tentano di
spuntare da un terreno duro e arido. Basterà una pioggia soltanto, l’acqua
fresca dello Spirito, per sciogliere la terra e far esplodere la vita in una
nuova primavera.
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