Trent’anni anni fa l’Ucraina acquistava l’indipendenza dall’Unione
Sovietica. Gli Oblati polacchi erano presenti già da due anni, venuti per
sostenere i cattolici polacchi. Mentre loro pregavano in polacco, gli ortodossi
pregavano in russo e i greco-cattolici in ucraino. Ma la maggior parte degli
Ucraini non pregava affatto: dopo settanta anni di comunismo, erano senza
religione alcuna. Presto gli Oblati si sono sparsi in tutto il Paese come
autentici missionari. Hanno lasciato lingua e tradizione polacche e hanno creato
la liturgia latina in lingua ucraina (lingua bandita dall’Unione Sovietica a
favore di quella russa), cominciando col tradurre il Padre nostro.
Quando nel 2000 andai a Obukhiv trovai una piccola cappella e un
cantiere di lavoro per costruire casa e chiesa. Ad accogliermi c’era Padre
Piotr. Tre anni prima, quando ancora abitava a Kiev, vide arrivare i pochi
cattolici di Obukhiv che chiedevano la presenza di un prete nella loro città.
Prese a fare la spola tra Kiev e Obukhiv fino a quando domandò ad una famiglia
di accoglierlo nel suo appartamento. Poco dopo ne affittò uno al 12° piano di un
palazzo di periferia, dove celebrava la messa, tenevano le riunioni e le
catechesi. Quando tornai nel 2010 trovai una grande chiesa e una grande casa,
cuore della missione oblata in Ucraina, con nove comunità sparse in tutto il
Paese. La chiesa era l’unica parrocchia della città e della regione attorno,
100.000 persone di cui soltanto 200 cattolici.
In quella occasione incontrai 30 degli Oblati, quasi tutti sui trenta,
quarant’anni, provenienti da Czerniców all’estremo nord dell’Ucraina, al
confine con la Russia, e dalla Crimea all’estremo sud. Hanno “parrocchie”,
chiamiamole così, di 200, 400 chilometri di diametro, ognuna con poche decine
di fedeli. Fanno ore di viaggio per incontrare sette, otto cattolici. In alcune
zone, in questa immensa terra, costituiscono l’unica presenza della Chiesa. Li
trovai pieni di entusiasmo perché vedevano crescere la comunità di cristiana di
giorno in giorno. Oggi sono ancora al loro posto, fedeli alla loro missione.
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