Ciechi che sono che non vedono invece
lunedì 30 novembre 2020
Quella bambina che si chiama speranza
domenica 29 novembre 2020
Pensieri di compleanno
La foto ritrae la famiglia attorno alla mamma in occasione del suo novantesimo compleanno. Ogni tanto la guardo o la mostro ad altri, compiaciuto. Non ha la composizione classica di una volta, è “mossa”, un po’ arruffata. Dà il senso dell’unità che la presenza della mamma crea, nella spontaneità della vita. Adesso che lei non c’è più sono il più vecchio dei 33 componenti la grande famiglia. Non ho più né zii né zie. Non ho più nessuno davanti a me, sono un patriarca.
Nella
mia comunità a Roma siamo una sessantina. Sono il più anziano, non ho nessuno
davanti a me.
Insegno ancora al Claretianum, e sono il più anziano, con il titolo di emerito.
Adesso che
p. Santino è partito per il Cielo non ho proprio più nessuno davanti a me. Non
ho più padre.
Non avere più nessuno davanti, è questa l’anzianità?
E
vengono tanti pensieri sparsi, senza nessun legame tra loro.
Penso a
Gesù. Aveva sempre davanti a sé il Padre. Non faceva nulla senza confidarsi con
lui. Passava le notti a parlarci.
Poi arrivò il momento nel quale anche lui perdette il Padre. Non aveva più
nessuno davanti a sé.
Mi sono
ricordato del centuplo promesso da Gesù a chi lascia padre, madre, fratelli,
sorelle: avrà cento madri, cento fratelli, cento sorelle… Tace sul padre. Non
dice che avremo cento padri. Perché di Padre ce n’è uno solo.
Il tempo ci priva di ogni padre perché dobbiamo prepararci ad andare a stare
col Padre. La preghiera si fa più vera: “Padre nostro…”.
Un rapporto nuovo col Padre: che sia questa l’anzianità?
Mi è
tornata alla mente la lettera che Niccolò Macchiavelli scrisse il 10 dicembre
1513 a Francesco Vettori, ambasciatore presso il Papa. Gli racconta come passa
le giornate: nel bosco a controllare il taglio della legna, a caccia di tordi,
nell’osteria a giocare a carte col beccaio, il mugnaio, i fornai… Fin quando
arriva la sera. Allora, giunto a casa, “in sull’uscio mi spoglio quella veste
cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e
rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antichi huomini”, ponendosi
a conversare con loro…
A sera, anch’io, dismesso l’abito quotidiano, posso rivestirmi a festa e
sedermi con i miei antichi padri e conversare con loro… Che sia anche questo un
dono dell’anzianità?
L’anzianità
sta forse nell’oblio di sé per farsi attento all’altro. A cosa serve pensare a
noi, che già abbiamo vissuto la vita? Meglio coltivare le vite più giovani
attorno a noi, aver cura di loro e vivere per loro. Senza la pretesa della
paternità, carisma riservato ad alcuni e non disponibile a tutti. Forse basta
una presenza semplice, che sa capire, non giudica, e sta vicina.
sabato 28 novembre 2020
Eugenio de Mazenod "uomo dell'Avvento"
“Passionné de Jésus Christ et inconditionnel de l’Église”. Così Paolo VI definì Eugenio de Mazenod il giorno in cui lo proclamò beato. Era il 19 ottobre 1975, domenica della giornata missionaria mondiale. Vi brillava la passione di sant’Eugenio per Gesù (era o no un uomo passionale, che viveva tutto con intensità?), e la totale dedizione (senza risparmiarsi, con creatività e audacia) alla causa della Chiesa, che è poi l’annuncio del Vangelo. Quelle parole ci sono restate nel cuore, ritratto perfetto del nostro fondatore.
venerdì 27 novembre 2020
A cuor leggero...
Siamo arrivati all’ultimo giorno dell’anno liturgico, che ci invita a guardare l’ultimo giorno in assoluto, quello del mondo e quello mio personale.
“Un giorno ci toccherà morire, Snoopy”, dice Charlie. E Snoopy gli risponde: “Certo, Charlie, però gli altri giorni no”. Proprio così, l’importante è vivere… e si muore come si vive!
Nel vangelo dell’ultimo giorno dell’anno Gesù rivolge due inviti:
- non ingolfare
il cuore con mille cose inutili: gli impediscono un battito regolare, lo
appesantiscono, e non è più capace di amare con freschezza, libertà, generosità…
- stare attenti, senza lasciarsi distrarre dalle mille stupidaggini che ci frullano
attorno.
Mi sono
piaciute le parole del mio omonimo, Fabio Rosini, che descrive quest’epoca
distratta e sbadata: «Siamo nel tempo del multi-tasking, della frammentazione,
della disattenzione. Guidare e rispondere al telefono, dialogare con qualcuno e
intanto appuntarsi altro, mangiare guardando la televisione e dimenticare i
commensali… Una generazione cresciuta con voci di sottofondo, con la musica
nell’ascensore. (…) Non si possono fare le cose con la testa altrove, perché
l’amore è fatto di attenzioni. (…) Non è una questione di perdite ma di pieno
possesso dei propri atti, di liberazione dalle zavorre, di maggior libertà per
camminare nella luce senza ambiguità. (…) Questo è un atto eminentemente
battesimale. Nei primissimi secoli si entrava nudi nell’acqua del Battesimo,
dopo aver rinunziato al Maligno e aver professato la fede. Bisogna liberarsi da
ciò che impedisce di amare. C’è sempre qualcosa a cui bisogna chiudere la porta
in faccia, qualcosa di cui non preoccuparsi perché di una sola cosa c’è bisogno».
Vivere
il presente con mente fresca, con l’attenzione a chi ci è accanto, con cuore libero per essere premurosi verso tutti… Così nei giorni che si vive, per essere
così il giorno che si muore.
giovedì 26 novembre 2020
Gioia
«Un cristiano non può mai essere annoiato o triste. Chi ama Cristo è una persona piena di gioia e che diffonde gioia». Così papa Francesco in un twitter del 2013. Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium il termine ricorre 59 volte. Un leitmotiv che continua: «Un cristiano triste – dirà nel 2019 – è un triste cristiano». Sembra di sentire il curato di Torcy quando, al giovane “curato di campagna” nell’omonimo romanzo di Georges Bernanos, dice: «Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste».
Ogni dizionario pone la tristezza come termine contrario alla
gioia. Ma in questi giorni il contrario della gioia sembra essere la noia, o
peggio la rabbia, che si esprime in aggressività verbale e fisica. Scontenti di
tutto e di tutti. Unico rimedio il divertimento, ma è euforia effimera, superficiale,
che svanisce in un attimo e lascia un’angoscia profonda.
mercoledì 25 novembre 2020
Condividere i doni. Laici e consacrati insieme per la missione
Il libro è ormai in libreria. Nasce da un’esperienza iniziata alcuni anni fa da un piccolo gruppo di religiosi di differenti Istituti legati dal comune interesse per le rispettive “Famiglie carismatiche”, una realtà antica e nuova che vede laici e consacrati uniti attorno a un medesimo carisma. Abbiamo iniziato a riunirci nella casa generalizia degli Oblati di Maria Immacolata, in via Aurelia a Roma, per condividere le nostre esperienze e i nostri sogni. Presto al gruppo iniziale si sono aggiunti altri religiosi, poi alcune religiose e insieme alcuni laici. Gli incontri sono diventati regolari, sempre più numerosi, animati da soprattutto da p. Isidoro Murciego, fino a costituire una vera e proprio istituzione: la “Associazione Membri Curie Generalizie – Famiglie carismatiche”.
Nello stesso tempo papa Francesco, nella lettera d’indizione dell’Anno della Vita Consacrata, ha esplicitato il concetto di Famiglia carismatica: «Attorno ad ogni famiglia religiosa, come anche alle Società di vita apostolica e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia più grande, la “famiglia carismatica”, che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica».
Il
libro raccoglie e ordina alcune riflessioni che ho elaborato in questi ultimi
anni su tale tematica, inquadrandola nel più ampio orizzonte della Chiesa come popolo
di Dio e della collocazione dei carismi al suo interno. È rivolto soprattutto
alle persone consacrate, ma anche ai laici che insieme condividono il medesimo
carisma. Spero che risultino utili anche a vescovi e membri del clero diocesano
per una migliore comprensione della presenza dei carismi nella Chiesa locale.
Don
Giuseppe Mariano Roggia, con il quale ho condiviso il progetto, grazie alla
lunga esperienza di animazione della vita consacrata, al termine di ogni
capitolo ha collocato un “Laboratorio” con una serie di interrogativi per
aiutare nella riflessione e nella condivisione delle tematiche esposte. Ha
inoltre arricchito l’esposizione con una serie di esperienze raccolte tra
persone consacrate (a cominciare da me) e laici. Il libro risulta così frutto
di una intensa collaborazione. Il mio ringraziamento va a don Beppe a tutti
quelli che hanno offerto il loro contribuito.
Il
testo si presenta come una prima proposta, come l’avvio di un discorso che,
data la sua ricchezza, domanda di essere sviluppato con l’apporto di tutte le
componenti del popolo di Dio. Mi auguri che i lettori possano continuare nell’approfondimento
e nella condivisione delle esperienze per aiutarci insieme in questo cammino “sinodale”
verso il compimento della missione della Chiesa.
martedì 24 novembre 2020
Padre Santino Bisignano: una vita donata
P. Santino è nato 88 anni fa (19/8/1932) a Budoia, in provincia di Pordenone. Ha frequentato le scuole elementari e i primi due anni delle medie in due Comuni della Provincia di Savona (Ferrania e Carcare). Siamo negli anni della seconda guerra mondiale. Trasferitosi in Sicilia ha completato le Medie e ha frequentato il liceo classico a s. Piero Patti (ME).
Si
potrebbe dividere in 5 tappe la corsa della sua vita, come direbbe s. Paolo, da
quando, più o meno diciottenne, conseguita la maturità classica, decise di
consacrarsi al Signore nel nostro Istituto missionario. Sono tappe che come una
spirale lo portano ad allargare sempre più il cuore per il servizio che gli è
chiesto.
La prima tappa
è quella degli anni della sua formazione che comincia con il noviziato vissuto
a Ripalimosani (CB), al termine del quale, dopo i primi voti emessi il 7
ottobre 1952, si trasferisce allo Scolasticato di s. Giorgio canavese per gli
studi di filosofia e teologia.
Nelle
note del maestro dei novizi possiamo cogliere alcuni tratti della sua persona:
«Spirito
di fede molto sviluppato. Pietà viva e profonda. Molto edificante per lo zelo,
l’umiltà, il distacco… Regolarissimo. Docile e ubbidiente come un bambino.
Limpido coi superiori come un cristallo. Abbastanza socievole, molto
caritatevole, generoso nell’aiutare i compagni.
Amante della vita di comunità. …
Soggetto molto promettente per le sue belle doti naturali e
soprannaturali. Felicemente riuscirà prezioso nelle opere della Congregazione,
sia nelle missioni che ardentemente desidera, che in Italia, tanto nelle opere
di formazione che negli altri ministeri».
Il
Superiore dello Scolasticato conferma l’andamento positivo del suo impegno
formativo: riesce molto bene negli studi ed è molto applicato nella vita
interiore; «dà seri affidamenti per l’avvenire. Soggetto ottimo sotto ogni
aspetto».
Ordinato
sacerdote a Villalba di Guidonia (RM) il 24 agosto 1958, riceve la prima
obbedienza per lo Studium a Roma e poi per la Comunità di Via dei Prefetti per
perfezionare gli studi di teologia presso l’Università Gregoriana e per la
licenza in psicologia presso l’Università salesiana.
Sono gli anni del Concilio Vaticano II e sono gli anni della contestazione; anni di profondi cambiamenti all’interno della vita della Chiesa e della società civile. La protesta globale entra in seminario: i giovani in formazione sentono il bisogno di autenticità e di un ritorno al Vangelo. Tuttavia, i seminari, nella maggior parte dei casi, si svuotano… Anche le case di formazione degli Oblati in Italia cominciano a svuotarsi: il noviziato a Ripalimosani chiuderà nel 1968, lo Studentato teologico a san Giorgio Canavese, che rimane aperto, raggiunge comunque il punto più basso di presenze della sua storia».
P.
Santino racconta: «In questo contesto ecclesiale e anche oblato mi trovavo
anch'io, mentre ero alla Scuola Apostolica di Firenze, dove il Provinciale
dell'epoca mi aveva inviato subito dopo gli studi. … Con alcuni confratelli
iniziammo a confrontarci e a cercare, nonostante il clima delicato della Provincia,
qualche nuova modalità educativa. … La scuola Apostolica di Firenze conobbe,
soprattutto nel ‘67 … momenti di grande sofferenza…. Fu in questo periodo che
mi giunse l'invito di Chiara Lubich a partecipare all'incontro dei religiosi al
Bondone, nel Trentino, che si teneva proprio nel mese di agosto».
Con
questo incontro comincia la terza tappa della vita di p. Santino, quella
legata alla nascita della Comunità di Marino e alla rinascita vocazionale del
nostro Istituto. Durante quell’incontro che si svolge in montagna, sul Bondone,
nel contesto di una profonda esperienza di comunione tra i 25 religiosi
presenti, provenienti da diversi Istituti religiosi e aderenti all’Ideale del
Movimento dei focolari, «un pomeriggio - racconta p. Santino - dopo
aver vissuto uno dei momenti più intensi di grazia, ci siamo trovati con P.
Marcello a conversare durante una pausa in mezzo ad un prato. Immediato un
pensiero: fare un consenserint, cioè chiedere al Signore, uniti nel Suo nome,
che Egli ci facesse dono di una comunità che vivesse con Gesù in mezzo. E che,
se questa era la sua volontà, in questa comunità venissero formati i giovani
che Lui ci avrebbe fatto conoscere e inviato».
Tutti
sappiamo come questa richiesta sarà esaudita: arrivò la casa, a Marino, per le
vie impensate della Provvidenza e che si concretizzarono attraverso la
generosità della Signora Solina; arrivarono i giovani e con essi, pian piano,
negli anni, tante vocazioni.
Dal
1967 ad oggi sono passati per la Comunità di Marino centinaia di giovani, un
terzo dei quali, circa, ha scelto di consacrarsi poi nel nostro Istituto.
Intanto lo Scolasticato veniva trasferito da s. Giorgio canavese a Vermicino-Frascati e p. Santino, dopo 4 anni di presenza a Marino (1969-1973), fu trasferito a Vermicino, come superiore della Comunità. Vi rimase nove anni, fino al 1982.
La quarta tappa è la tappa che lo vede a servizio
della Vita della Provincia e della Vita consacrata. È una tappa che comincia
nella seconda metà degli anni settanta, mentre era ancora superiore allo
Scolasticato e che durerà fino al 2006, 30 anni circa.
Diversi sono gli
incarichi e gli impegni che gli vengono affidati; nel versante Oblato: è
nominato membro del Comitato permanente Europeo della formazione (’76-‘88) e
poi Consigliere provinciale (fine anni settanta); nel 1989 è eletto Provinciale
della Provincia italiana, ruolo che rivestirà per due mandati, fino al 1995.
Nel versante
della Vita religiosa ha dato un valido contributo in diverse aree: innanzitutto
come professore all’Università salesiana e al Theresianum (’76-89), inoltre
come Consultore dell’Ufficio formazione dell’USMI (Unione Superiore maggiori
d’Italia) e come membro dell’Ufficio formazione della Conferenza Italiana dei
Superiori maggiori (CISM) (’83-’90), di cui diventerà Presidente nel 1990. Nel
1994 partecipa al Sinodo della Vita Consacrata come Uditore e nel 2006 è
nominato Consultore della Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata e le Società
di vita apostolica.
Sono tanti
segnali della grande stima nei suoi confronti per la competenza e la passione
che gli viene riconosciuta nel campo dell’animazione della Vita consacrata.
P. Silvano Pinato, attuale segretario della CISM, che ha voluto farsi presente in questa occasione per dare una sua testimonianza, ricorda p. Santino col «volto sereno, sempre pieno di gioiosa creatività». E poi continua: «Mi lascia il grato ricordo della sua passione per le Vocazioni alla vita religiosa e l'impegno profuso per la formazione dei Formatori. A lui la CISM deve l'avvio dei suoi annuali Convegni per i Formatori che tanto hanno contribuito ad approfondire e dare risposte ai problemi legati alla formazione alla vita religiosa dentro il vigoroso cammino di rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II».
L’ultima tappa lo vede nel cuore della Chiesa
universale.
Nel
2006 viene nominato Direttore del Centro catechetico di Propaganda fidae,
un’esperienza residenziale per catechisti provenienti da tante parti del mondo.
Svolgerà questo compito per tre anni, prima di passare al Collegio Urbano come
padre spirituale dei seminaristi dove resta per altri tre anni. I numerosi
catechisti e seminaristi da lui accompagnati, hanno fortemente apprezzato il
suo spirito sacerdotale, missionario e umano, qualità queste estremamente
preziose nell’ambito della formazione; hanno sentito in lui “un vero padre,
buono, accogliente e sempre disponibile ad ascoltare ed offrire il necessario
aiuto” .
Ha
ormai 80 anni, ma è ancora desideroso di rendersi utile. Ed è una gioia grande per
lui ricevere l’invito da parte di
S.E.Mons. Angelo Becciu a collaborare nell’Ufficio di corrispondenza di Papa
Francesco. Inizia questo compito il 7 ottobre 2013, una data per lui
significativa perché coincide con l’anniversario della sua professione religiosa
(avvenuta nel 1952). Per 5 anni entra a diretto contatto con il cuore
della gente che da tutto il mondo presenta al Papa le proprie gioie e le
proprie sofferenze. Tutto questo gli allarga il cuore perché gli dà la
possibilità di poter vivere anche in questo modo la vicinanza alla gente e, in
particolare, ai poveri dai molteplici volti che come Missionari vogliamo
servire.
Nella
lettera di saluto a Mons. Paolo Borgia il 26 settembre 2018, a conclusione di
questo suo servizio nel cuore della Chiesa, p. Santino scrive: «Dopo 5 anni
la salute mi obbliga a ritirarmi per una diminuzione della vista che impedisce
la lettura. Inizia così una nuova tappa della mia vita, che coincide con il 60°
di Sacerdozio, nella scoperta quotidiana del nuovo modo di essere missionario e
di servire la Chiesa».
Come
ha vissuto la sua missione negli ultimi due anni di vita? Lo confida in un
colloquio ad un confratello: «Ogni mattina prendo una comunità oblata della Provincia per cui
pregare. Durante la giornata penso ai singoli oblati di quella comunità; se
posso telefono anche a qualcuno di loro. Ma soprattutto prego e offro la mia
sofferenza per loro».
Nella
sua lunga vita p. Santino ha assunto tanti incarichi e ha fatto tante cose. Chi
lo ha conosciuto sa la passione e l’amore che ha messo nel farle e che trovano
la loro radice nell’amore per il Signore Gesù, per la Chiesa e per la
Congregazione. Un amore illuminato dal Carisma di Eugenio de Mazenod e dal Carisma
di Chiara Lubich unificati in una vita che ne ha manifestato la fecondità.
È
bello poter riportare qui l’ultimo colloquio telefonico avuto con p. Carmine
Marrone, il giorno prima di andare in ospedale: «In questi mesi – dice
p. Santino - ho pregato tanto per le persone colpite dal coronavirus e ora
il Signore mi fa il dono di poter essere vicino in modo speciale alla loro
esperienza di dolore. Offro tutto per la Chiesa, la Congregazione e la comunità
di Marino».
Nelle
ultime righe del testamento spirituale che p. Santino ci ha lasciato ha
scritto: «… La Vergine Maria mi ha sempre accompagnato nella mia vita fin
dagli inizi. A lei mi sono affidato pregandola di prepararmi all’incontro,
“vestito a festa” come faceva mia mamma nel prepararmi la domenica per la
Messa, a celebrare l’Eucarestia».
A
lei lo affidiamo perché lo presenti al suo Gesù, fonte e bellezza della vita.
lunedì 23 novembre 2020
La via diretta alla santità
trasmessa in streaming:
La
via diritta per la perfezione e la santità? La carità. Charlebois l’aveva
compreso a 19 anni, durante una grave malattia, come ricorda più tardi: «È
allora, che ho appreso cos’è questo mondo, è da allora che ho desiderato
consacrarmi soprattutto alla salvezza delle anime affinché potessi salvare
meglio anche la mia». Diventare santo per fare santi gli altri. Così all’inizio.
Ma
dopo anni di missione ecco un’altra prospettiva: «Diventare santi santificando
gli altri». È tipicamente oblato: si diventa santi vivendo la vocazione
missionaria, non pensando alla proprioa santità ma a quella degli altri.
Concretamente
Charlebois ha vissuto tutta la vita in mezzo alla sua gente e l’ha amata. Ha
studiato la lingua cree, ha visitato villaggi e famiglie, ha condiviso la
povertà e l’ha alleviata, ha curato l’educazione dei ragazzi. Dal diario appare
il profondo legame che si creava con i nativi e il reciproco rispetto che
nasceva:
“Trovai in questo campo quasi 40 selvaggi, tutti cattolici e buoni cattolici. Quale non fu la loro gioia nel vedermi! Quale sollecitudine nel confessarsi e comunicarsi! Come sono semplici e buoni! Questo è dovuto al fatto che non si sono ancora contaminati con i bianchi. Il missionario è tutto per essi. Lo amano e sentono che sono amati. Ma là come altrove, trovai la povertà e la miseria.
P. Dubeau,
al processo ordinario di Keewatin, ha
testimoniato:
domenica 22 novembre 2020
Padre Santino uomo di comunione
sabato 21 novembre 2020
I grandi orizzonti di padre Santino
È sabato sera. Abitualmente medito sul vangelo della domenica e scrivo le mie due righe. Il Vangelo questa volta ci presenta Cristo Re che, seduto sul suo trono, compie il giudizio finale. E sento che, rivolto a p. Santino, gli dice: “Vieni, benedetto del Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla creazione del mondo…”
Lo strumento di
ricerca del mio blog è potente. In un attimo posso trovare persone, luoghi,
temi… In più di 10 anni, con quasi 4000 post, ho scritto di tutto. Cerco “Sante
Bisignano”… e mi vengono due post soltanto! Ho scritto così poco su di lui? È sempre
così, di quelli che ci sono più vicini non c’è motivo di scrivere… perché ci
sono così familiari, così vicini, appunto…
Entrato a 19 anni
dagli Oblati, proveniente dalle file dell’Azione Cattolica, p. Santino avrebbe
voluto partire per le missioni del Lesotho, in Sud Africa, ma erano soltanto in
due quell’anno a ricevere la destinazione e si doveva scegliere: l’altro, un
certo Marcello Zago, fu mandato in Laos, mentre a Santino fu affidato il
compito della formazione.
Ed eccolo al liceo di
Firenze dove l’ho conosciuto. È stato lui ad accogliermi tra gli Oblati: avevo
17 anni. Poi l’ho ritrovato costantemente lungo la mia strada: superiore della
comunità di Marino, dove c’ero anch’io, superiore dello Scolasticato di
Vermicino, dove c’ero sempre anch’io… Non so se fosse lui a seguire me o io a
seguire lui… fino a quando sono diventato suo successore come superiore allo
Scolasticato e lui mio provinciale… Insomma una vita sempre insieme.
È sempre stato un
uomo dai grandi orizzonti. Forse perché ha vissuto in mezzo ai giovani. Ha
sempre insegnato, all’Università Salesiana, al Teresianum, al Claretianum... Sempre
con i giovani, col cuore giovane. E col cuore grande, dilatato sulle realtà
ecclesiali, sociali, politiche, su raggio mondiale, con sguardo positivo,
propositivo…
Un uomo così, che ha
fatto conferenze, tenuto corsi, convegni (famosi quelli della CISM)… non ha mai
scritto un libro. Eppure ha scritto tanto. Per la verità aveva preparato un libro
sul noviziato, ma poi se l’è visto pubblicare, senza neanche un grazie o una
menzione, da un suo alunno divenuto professore. Non ha mai pubblicato un libro
perché sempre insoddisfatto di quello che preparava, che rimaneva indietro rispetto
al nuovo che gli nasceva dentro continuamente. E poi a lui premevano
soprattutto le premesse, gli orizzonti da cui si doveva partire prima di ogni
discorso, e i suoi orizzonti erano così vasti che quando aveva terminato di
delinearli, le conseguenze gli sembravano così immediate e piccole che non le
sviluppava neppure… Così il libro non veniva mai fuori, gli stava troppo
stretto.
Questi ultimi anni
viveva in una stanza piccola piccola, a via dei Prefetti, con una finestra dall’orizzonte
altrettanto ristretto, con la visione di qualche tetto… Eppure continuava a
spaziare.
Quando, per raggiunti limiti di età, dovette lasciare la direzione del Collegio San Giuseppe in Vaticano e due anni dopo il Seminario pontificio di Propaganda Fide, mi chiamò sgomento: “Adesso come posso continuare a servire la Chiesa?”. Contemporaneamente dalla Segreteria di Stato vaticana mi chiesero se potevo presentare una persona di una certa età, con esperienza, per lavorare nella segreteria del Santo Padre. Andai di corsa da Santino: “Ho trovato come puoi continuare a servire la Chiesa!”. Eccolo così al suo ultimo incarico, che gli ha consentito uno sguardo unico sull’animo umano e sui problemi del mondo intero.
Quando si rese conto
che non riusciva più a leggere dovette lasciare anche questo ufficio e ha dedicato
l’ultimo tempo della sua vita al servizio più silenzioso e forse più efficace:
la preghiera, per tutti… a cominciare dalle molte persone che passavano per la
strada davanti a casa sua…
venerdì 20 novembre 2020
Alla scoperta dei santi romani: Caterina da Siena
A marzo scorso il lockdown ha interrotto le nostre visite ai santi romani.
Sabato 21 novembre, alle ore 16-00-17.00, riprenderemo le visite,
cominciando da dove ci eravamo lasciati: s. Caterina da Siena.
Andremo a vedere dove ha vissuto a Roma negli ultimi due anni della sua
vita.
Il 18 giugno del 1376 va ad Avignone e
riesce a far tornare a Roma il papa Gregorio XI. Quando alla sua morte viene
eletto un antipapa inizia lo Scisma d’Occidente. Il nuovo papa, Urbano VI,
chiama Caterina da Siena a dare sostegno alla Chiesa. Ella giunge a Roma il 28
novembre 1378.
In un primo momento Caterina dimora al
Rione Colonna e poco tempo dopo, dal 2 luglio 1379, in una casa, ancora
esistente, in Via del Papa, oggi Piazza Santa Chiara 14, accanto
al Pantheon.
Quotidianamente ella va a pregare alla
basilica di San Pietro per i bisogni della Chiesa. «Appena giorno scendeva dal
letto – annota il biografo –, e partendo dalla strada detta la Via del Papa,
dove stava di casa, fra la Minerva e Campo de’ Fiori, se ne andava a piedi
lesta lesta a san Pietro, facendo un cammino da stancare anche un sano».
Quando muore, la domenica 29 aprile
1380, Caterina ha trentatré anni.
Vedremo la strada che percorreva, sua
casa, la sua tomba nella chiesa della Minerva (senza testa, presa dai senesi),
con accanto quella del beato Angelico... Il chiostro del convento domenicano…
La visita sarà naturalmente… via zoom, ormai siamo abituati!
Chi fosse interessato potrà richiedermi il link.
Allora buona visita!
giovedì 19 novembre 2020
Il testamento di padre Santino
Questa mattina presto, dalle 4 alle 5, nella
mia stanza, ho recitato le preghiere per i moribondi e gli ho impartito
l’assoluzione, mentre lui continuava a rimanere solo, nella stanza dell’ospedale.
Poi ho aperto una sua lettera che mi aveva consegnata qualche mese fa, con su
scritto “Riservata”: era copia del suo testamento spirituale. Un’ora dopo è
partito per il cielo.
Così ci ha lasciato scritto p. Santino Bisignano:
Roma, 9. 04. 019
Questa sera pensavo alla ultima “chiamata per nome” del
Signore. Mi chiedevo cosa lasciare. Solo questo: Vorrei che tutta la mia lunga
vita componesse una sola parola: Gesù, il Verbo Incarnato, il Figlio della
Vergine Maria.
Vorrei che la mia vita lo annunciasse e lo offrisse come
dono immenso del Padre ad ogni persona e a tutto il creato. Lui è la Vita! Lui
è la fonte e la bellezza della Vita. È l’Amore del Padre che ci avvolge,
illumina, ammaestra e guida. Seguirlo nel nostro quotidiano e respirando Chiesa
è già porre un tassello vivente nella costruzione in atto della società.
Mi ritiro in silenzio per unirmi alla preghiera di Papa S.
Paolo VI a Manila: lo presenta, lo annuncia, lo offre guardando con gli occhi
del cuore e la passione di chi “conosce” l’Unigenito Figlio del Padre,
Salvatore e Signore.
Unisco alla presente la sua preghiera, in comunione con Papa
Francesco. Seguire Gesù è accogliere l’insegnamento e la testimonianza di Papa
Francesco. Quando penso a lui, per averlo conosciuto più da vicino nel servizio
richiestomi, lo vedo una cosa sola con Gesù e questo spiega, mi dico, il suo
coraggio evangelico, il suo stile di vita, l’amore per una Chiesa limpida e
testimone, rivela l’amore per la gente e l’umanità nella varietà dei suoi volti
e nella ricerca di pace, giustizia, dignità.
La Vergine Maria mi ha sempre accompagnato nella mia vita
fin dagli inizi. A Lei mi sono affidato pregandola di prepararmi all’incontro,
“vestito a festa”, come faceva mia mamma nel prepararci la domenica per la
Messa, a celebrare l’Eucaristia.