In vista del centenario della nascita di
Chiara Lubich la rivista Città Nuova ripercorre alcune tappe significative
della sua vita. A me ha chiesto di scrivere sugli anni 1949-1950:
Chiara
Lubich arriva a Roma nel dicembre 1948, assieme ad altre tre compagne.
Una
signora altolocata, Elena Hoelh, e suo marito il commendatore Alvino, le
offrono un appartamento in cui vivere.
Poco
tempo dopo, il 20 gennaio 1949, Chiara incontra un gruppo di parlamentari a
Montecitorio e per loro stila un programma con lo scopo di «far vivere Gesù in
Parlamento = farsi santi: l’uno responsabile dell’altro come di sé». Il fuoco
che è venuta a portare in città non vuole soltanto ravvivare conventi e
parrocchie, ha di mira la società intera, in tutte le sue componenti, a
cominciare dalla politica. Roma, in quegli anni, è in pieno fermento, tesa a
risorgere dalle distruzioni materiali e morali della guerra. Anche il mondo
ecclesiale cerca come ridare freschezza alla vita cristiana. Sono presenti
nuovi gruppi, come la Crociata della Carità di p. Leone Veuthey e il movimento Regnum Christi promosso da Beda
Hernegger, che Chiara incontra e con i quali è invitata a collaborare. Le
focolarine in quel periodo in tutta Italia sono appena 19 e 4 i focolarini. Un piccolo
gruppo, ma possiedono un tale ardore che sembrano un esercito e non a caso
vengono soprannominati “incendiari”. Dopo pochi mesi attorno a loro c’è già una
comunità di oltre 3.500 persone, di tutte le vocazioni, di cui 300 a Roma. I
religiosi, a cominciare da p. Raffaele Massimei, direttore del Terz’Ordine
francescano, aprono le porte dei loro gruppi in tutto in Lazio, come pure in
Sardegna, a Sassari dove Chiara giunge in primavera.
In
mezzo a tanta diffusione di vita uno stop improvviso: le viene diagnosticato la
tubercolosi. Seguendo le indicazioni del medico, torna nella sua terra e si
reca nel sanatorio di Mesiano, sopra Trento. Visita accurata: perfettamente
sana! Quel volto di Gesù Abbandonato si è rivelato “un fantasma”, dirà subito
dopo, «ma a noi resta l’averlo amato». Rimane comunque un segnale: converrà
approfittare dell’estate per prendere un momento di riposo. Il congedo dalla
comunità di Roma è affidato a una lettera del giugno 1949: «Pur lontani, e chi
al monte e chi al mare, una Luce ci legherà, impercettibile ai sensi ed ignota
al mondo, ma cara a Dio ed all’Unità più che ogni altra cosa: la Parola di Vita. Possiamo esser uno
solo al patto d’esser ognuno un altro Gesù: un’altra Parola di Dio vivente».
Ed
ecco Chiara nuovamente nel suo Trentino, su a Tonadico, un paesino delle
Dolomiti, nella baita, praticamente un fienile, di una focolarina, Lia Brunet.
Partendo era stata colpita dal manifesto di un film intitolato In montagna ti rapirò. È proprio così: viene
rapita dall’amore di Dio in un’esperienza di vita e di luce che le fa
comprendere in maniera nuova le realtà del cielo e che sarà ricordata come il Paradiso ’49.
Quell’estate
del 1949 volge al termine e il richiamo dell’umanità che soffre si fa sempre
più forte. «Signore, dammi tutti i soli... – prega primo settembre –. Ho
sentito nel mio cuore la passione che invade il tuo per tutto l’abbandono in
cui nuota il mondo intero».
Tornata
a Roma, trova i problemi di prima: mancanza di alloggi, di lavoro, nuovi
migranti, degrado materiale e morale. «Se guardo
questa Roma così com’è – scrive – sento il mio Ideale lontano». A questo
sguardo esteriore si sovrappone, però, la visione che le viene dalla
luce brillata in estate e che le fa credere possibile la “risurrezione” di Roma
e dell’umanità intera, inondate dal fiume di fuoco dell’amore di Dio. È come se
la luce scendesse con Chiara nel buio del mondo.
Un
segno è l’incontro con Alcide De Gasperi, allora capo del governo. La prima volta
si trovano a Fregene, in un pomeriggio di riposo domenicale. Incupito per il
ritardo degli aiuti americani, egli si lascia incantare dalle parole di lei e
ritrova la speranza. «Il sentirsi uniti sotto le ali della Paternità divina –
le scriverà più tardi – offre un senso di serenità e fiducia, anche nell’ora
della tribolazione. E ora travagliata è questa…».
Nel frattempo
le si fanno accanto nuovi compagni di viaggio, un vecchio e saggio religioso,
p. Giovanni Battista Tomasi (1866-1954), che le sarà vicino negli anni in cui
si delinea un’Opera nuova nella Chiesa, e un giovane toscano (poi sacerdote),
Pasquale Foresi, al quale Chiara chiede se vuole condividere con lei la nuova
divina avventura e che la accompagnerà fino alla piena maturazione dell’Opera
di Maria.
Nessun commento:
Posta un commento