Siamo ormai al
termine del nostro lavoro. Lo sguardo si ferma sugli Oblati, cercando
soprattutto di individuare le persone che possano specializzarsi nell’ambito
dell’antropologia, la missiologia, ma anche nel mondo dell’economia e dei
media, in modo da rispondere sempre meglio alle necessità della nostra
missione. Ogni Istituto si interroga sui programmi di insegnamento e sulla
metodologia, per essere sempre più adeguati a rispondere alle necessità
dell’evangelizzazione nel mondo di oggi.
Ho partecipato a
questo tipo di incontri ormai da alcuni anni, incontrando i rettori e i
presidenti dei nostri Istituti e delle nostre università in Sud Africa, Congo,
Filippine, Canada, Stati Uniti… ma forse questa volta come non mai ho avuto la
sensazione che davvero queste istituzioni svolgono un ministero prettamente
oblato, a servizio della Chiesa, degli ultimi, con competenza e dedizione, con
sacrificio e convinzione. Una testimonianza missionaria meravigliosa.
Nel pomeriggio
visitiamo lo scolasticato oblato. Tra qui e Pune sono 23 gli studenti di
teologia indiani, una bella speranza!
Al ritorno mi sono
incamminato sulla cima del colle alla cui base è costruita la casa
provincializia. È il colle san Tommaso dove, secondo la tradizione, l’apostolo
è stato ucciso. Un autentico santuario, con tante persone in preghiera che si
esprimono con la loro particolare cultura. Non posso non unirmi a loro e non ripetere
le parole le parole dell’apostolo scritte ogni dove: “Signore mio e Dio mio”.
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