domenica 2 giugno 2019

La corriera delle 18.00


«Per me era come tornare a casa. Nella piccola baita di Tonadico era nato mio papà Giuseppe e la zia Enrichetta. Il babbo si era poi trasferito a Trento, ma d’estate, da bambina, venivo a trovare la zia. Ho ancora nelle orecchie il fruscio delle foglie di pannocchie del materasso dei miei sonni profondi, mi rivedo saltare sul fieno, correre nei prati, respirandone i profumi».
Quando Chiara da Roma ci fece sapere che sarebbe tornata in Trentino e avrebbe voluto passare qualche giorno di riposo in montagna, pensai subito alla baita del babbo e della zia. Ormai era soltanto un fienile, ma con un po’ di fantasia l’avrei trasformata in una reggia. Per me, da bambina, lo era sempre stata, una reggia.
L’adattammo in un attimo. Di fronte alla porta d’ingresso, il piccolo locale che fungeva da soggiorno e da sala da pranzo; c’era addirittura un tavolo. A sinistra, nella parte adibita a cucinino, un piccolo fornello elettrico e a destra un letto, rivestito da una copertina. Al di sopra, nel sottotetto colle tegole a vista che era stato il fienile della baita, delle brandine allineate una accanto all’altra. Tutto qui. Dimenticavo, c’era anche un armadio issato con la carrucola che veniva utilizzata per tirar su le balle di fieno. Non era una piccola reggia? Anzi, sarebbe stata un paradiso: “Baita Paradiso”.
Che festa quando arrivammo quassù con la corriera delle 18.00».

Così inizia il racconto sceneggiato che ho preparato per la serata conclusiva di questo ritiro. (La corriera delle 18.00 è una licenza poetica; in effetti non si sa bene a che ora arrivarono, ma vuoi mettere “Che festa quando arrivammo quassù”, con “Che festa quando arrivammo quassù con la corriera delle 18.00”). Recitazione perfetta da parte di un nutrito gruppo di attori.
A parte questo particolare sono stati quattro giorni pieni di un ritiro straordinariamente bello. Che gioia vedere in tutti la gioia! Benché distribuiti in due sale per l’alto numero di persone, abbiamo vissuto tutto all’unisono. Il nostro quartetto, Anouk, Cathérine, Giovanna e io, è risultato molto affiatato. Non per niente siamo insieme ormai da quasi cinque anni nella Scuola Abbà. Ringraziamo Dio!
Stasera si riparte per un’altra meta: l’India! 

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