Tutti
conosciamo sant’Eugenio de Mazenod come l’uomo della Chiesa, il missionario
ardente che annuncia il Vangelo ai poveri della Provenza e che manda altri missionari
nel mondo intero. Meno nota, forse, ci è la sua vita interiore, il profondo
rapporto di comunione con Dio, ispirazione segreta del lavoro missionario e
della amministrazione della diocesi di Marsiglia.
Oggi,
festa del Corpus Domini, ascoltando l’omelia, mi sono ricordato che nel 1977
avevo preparato una antologia di scritti suoi sull’Eucaristia, poi pubblicata
nel 2005.
Gesù
Eucaristia lo ha seguito per tutta la vita. In ogni decisione importante Lui
era presente. La stessa più grande opera che Eugenio ha lasciato, i Missionari
Oblati di Maria Immacolata, sono nati, possiamo dire, ai piedi dell’Eucaristia,
quando, nel giovedì santo del 1816, furono pronunziati i primi voti.
Era
“alla Sua santa presenza, ai piedi del tabernacolo” che attingeva la “divina
sapienza” per poter “agire solo per sua ispirazione e consiglio” nella guida
della Congregazione e della Diocesi. Ed è stato lì, in Gesù Eucaristia, che il
suo rapporto con Dio ha raggiunto momenti mistici.
I
suoi primi scritti in merito sono lettere indirizzate alla mamma, alla sorella,
alla nonna, poi catechesi rivolte ai ragazzi, dove sempre raccomanda di
avvicinarsi frequentemente all’Eucaristia, perché è proprio questo l’invito di
Gesù: “Prendete e mangiate….”. Sapeva di andare contro la mentalità del tempo
che, per un frainteso rispetto dell’Eucaristia, invitava a starsene il più
lontano possibile.
La
stessa cosa, una volta diventato vescovo, raccomanda ai fedeli di Marsiglia nelle
annuali lettere pastorale che scriveva in occasione della Pasqua.
Ma
alla fine della vita – ed è a questo che oggi ho pensato – la sua attenzione è
rivolta soprattutto all’adorazione. Il suo sogno era istituire l’adorazione
perpetua in diocesi, come aveva visto che si faceva in Italia. Per questo
invita i Sacramentini a venire a Marsiglia.
È come
l’ultimo tocco che completa lo sforzo di Mons. de Mazenod per portare a Gesù Eucaristia
tutto il popolo a lui affidato. La notte di Natale annota nel Diario: «25 dicembre 1859. Ho messo la data di oggi,
quarantottesimo anniversario del grande e per me prezioso giorno della mia
ordinazione sacerdotale, alla Lettera Pastorale che ho pubblicato per istituire
l’Adorazione perpetua e solenne del santissimo Sacramento nella mia diocesi.
Ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di istituire questa devozione
prima di morire».
Pochi
giorni dopo, nell’ultima Lettera Pastorale, forse la più profonda di tutte,
prima di parlare del mistero della Chiesa, manifesta a tutti i fedeli la gioia
e la riconoscenza nell’averli visti riempire le chiese, giorno e notte, per l’adorazione,
e aggiunge: «Non potevamo fare a meno di
ammirare quanto il nostro pensiero, nell’istituzione di questa devozione, sia
stato compreso, e fedelmente seguito. Così, in questa fedeltà ci piaceva
riconoscere ciò che vi è di più vero e di solido nella religione della maggior
parte delle nostre pecorelle. Trovavamo in esse quella intelligenza del cuore
che sa penetrare, per vie sconosciute ai sapienti di questo mondo, nelle
profondità dei misteri di Dio e raccogliervi i frutti che soddisfano a pieno le
intime esigenze della creatura umana. (…) Lo spettacolo di cui eravamo
testimoni ci commuoveva, a volte fino alle lacrime, e dicevamo a Dio con
confidenza: “Sì, tu lo ricolmerai di benedizione e di grazie, questo popolo
cristiano che mi hai donato e che ti adora e ti ama in tutta verità (Lettera
Pastorale per la Quaresima, 16 febbraio
1860).
Cibarsi
dell’Eucaristia, certamente. Ma col passare degli anni sant’Eugenio scopre la
gioia di poterlo anche adorare, lodare, ringraziare… È espressione d'amore, d'intimità, il frutto del cammino di una vita.
Consiglio
di riprendere in mano quel libro con i suoi pensieri.
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