«“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e
primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo
come te stesso”». (Mt 22,30-34)
“Con tutto il
tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Un tutto
ripetuto tre volte. La totalità della mia persona interamente orientata verso
Dio di cui sono la creatura, da cui dipende ogni fibra del mio essere. Con quanta
forza e decisione Gesù staglia Dio davanti a noi: Dio è Dio!
Più lo si immagina infinito, onnipotente, al di là di ogni
immaginazione – Dio è Dio! – più se ne intuisce la grandezza dell’amore: Dio è
Amore e ama all’infinito con la potenza della sua onnipotenza. Il comando d’amarlo
è solo la risposta al primato del suo amore, invito a rispondere al suo amore
con l’amore, in un dialogo
d’amicizia, di comunione, fino alla pienezza dell’unità.
Perché poi all’assolutezza del grande unico comandamento che orienta
potentemente verso Dio – Dio è Dio! – si aggiunge quello che ha per oggetto un essere
piccolo piccolo, soffio d’un istante?
Il mio prossimo vale (anch’io valgo, non
per niente Gesù vuoi che lo ami come me stesso) perché il amore di Dio per lui
(per me) gli dà (mi dà) valore.
Sono perché sono amato da Dio; valgo perché sono da lui amato.
Lo stesso per il prossimo: in lui vedo l’amore di Dio fatto
prossimo, il prossimo fatto Dio.
La mediocrità della vita spesso fa tradurre il grande imperativo con il
mediocre un po’: amo Dio, certamente, ma con un po’ di cuore, un
po’ di anima, un po’ di mente. Gioco al risparmio per investire
altrove. Non è che non amo, ma eludo quella totalità parcellizzandola con idoletti
che nascostamente si insidiano nel cuore, nell’anima, nella mente oscurando l’unico
vero Dio.
Facciamo tante cose, anche belle, ma è sempre e tutto amore? Rimane
soltanto l’amore e ciò che è fatto per amore.
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