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ottobre. È la prima volta che vengo a Pordenone. Dalla stazione mi portano
direttamente all'hotel Villa Ottoboni costruita nel 1400 dal cardinale di cui
porta il nome poi divenuto Alessandro VIII. E' ormai sera. Un albero di 400 anni, nel cortile dell'albergo mi spalanca le braccia in segno d'accoglienza. Il direttore dell'hotel mi ha
riservato una suite molto elegante. Dice di avermi conosciuto parecchi anni fa
e, merito suo, conserva un bellissimo ricordo di me. Mi fa visitare la parte
antica della Villa adibita a ristorante e bar. Sono ospitato nella parte nuova
costruita da Zanussi negli anni 60.
È
ormai sera quando mi dirigo verso il teatro comunale. Corso Garibaldi, piazza
Cavour, la zona dei negozi eleganti e della vita giovanile. Un sabato sera
pieno di vita. Bar, pizzerie, birrerie attirano i giovani a grappoli. Sembra
una serata di festa organizzata per darmi il benvenuto.
Il
teatro Verdi accoglie una delle manifestazioni della settimana dell'editoria,
il concerto di pianoforte del cardinal Lorenzo Baldisseri, un cardinale concertista
della Curia romana! In dialogo con il piano brani di poesia e di prosa.
22 ottobre. Domenica mattina. Ripercorro le strade di
ieri così animate così vive. Oggi non c'è anima viva (veramente le anime morte
non esistono, comunque si dice così…). Piove. In via Garibaldi incontro due
piccioni infreddoliti. Anche la grande piazza XXII settembre è terribilmente
vuota. Percorro corso Vittorio Manuele II, la parte più antica della città, con
i porticati sormontati da modesti ed eleganti palazzi del 1400, 1500. Anche qui
il Risorgimento ha imposto i suoi nomi a luoghi così antichi...
Quando finalmente sono nella parte più antica tornano i
nomi di una volta: via del Mercato, via di Castello, vicolo del Lavatoio, via
del Mercato, vicolo del Mulino, vicolo del Silenzio (c'è una radio accesa),
vicolo della Fontana.
Il campanile del duomo domina l’intera città e s’amalgama
con l’agile palazzo comunale quattrocentesco (anche lui, dopo tanta storia, si
è rassegnato a trovarsi in piazza Vittorio Emanuele!).
Forse perché piove ed una leggera nebbiolina è sospesa nell’aria,
la città ha un fascino che non avrei mai immaginato. La pensavo come una città
dei militari (adesso i militari non ci sono più e le caserme sono piene di profughi,
al momento invisibili).
Attraverso il ponte Adamo ed Eva, così chiamato per le
due statue che sovrastano l’entrata ed entro nel parco fluviale. Appare
un'antica chiesa dedicata la Santissima trinità. Entro e la trovo piena di Rumeni
ortodossi che cantano all'unisono le melodie sacre. L’iconostasi l’ha
trasformata in una calda chiesa di rito orientate.
Torno sui miei passi e finalmente sono nel duomo,
luminoso. Conserva il ricordo dell’architettura romano gotica e sprazzi di affreschi
quattrocenteschi. Ma non è un museo, è una chiesa viva, con una comunità viva,
che celebra la sua domenica.
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