Venerdì
6 ottobre dovrei presentare il libro di Jesús Morán, Fedeltà creativa.
Non
credo che entrerò molto nel merito del libro, quanto nella sua tematica.
A
iniziare dal titolo, forse scelto dall’Editore piuttosto che dall’Autore, che anche
per giuste ragioni commerciali.
A
livello lessicale il primo documento ufficiale ad usare il termine «fedeltà
creativa» è stata l’esortazione apostolica Vita Consecrata di Giovanni
Paolo II (25 marzo 1996). Appare come sottotitolo che introduce il numero 37 dell’Esortazione,
dove si parla invece, con un termine in voga da anni di «fedeltà dinamica».
Da
quel momento il termine «fedeltà creativa» è divenuto comune, fino a pochi
giorni fa, quando papa Francesco, rivolgendosi alla Famiglia Vincenziana, l’ha
esortata a «uscire
da sé e andare nel mondo, senza nostalgie del passato ma
con la fiducia ben riposta in Dio, creativi dinanzi alle sfide di oggi e di
domani perché, come diceva San Vincenzo, “l’amore è creativo
all’infinito”» (27 settembre 2017).
L’idea
è frutto di un’altra parola “aggiornamento”, che risale a metà del secolo
scorso. Fu coniata il 27 giugno 1949, durante la sessione preparatoria del Congresso
internazionale degli Stati di Perfezione celebrato a Roma nel dicembre 1950. Fu
fatta propria da Giovanni XXIII e dal Concilio, che parlerà di “rinnovamento”.
Precedentemente
il rinnovamento era inteso piuttosto come un “invecchiamento”. Ogni movimento
di riforma è stato sempre inteso come ripresa della forma primitiva. Il
Concilio ha invece proiettato in avanti, come oggi papa Francesco sta
proiettando fuori.
“Fedeltà
creativa” fa pensare allo Spirito, che è all’origine dei carismi: è sempre in
movimento, dinamico, sempre nuovo. Non a caso si mostra come colomba, in volo,
o come soffio, vento, inafferrabile.
La
fedeltà creativa, il fiorire sempre nuovo del germoglio piantato dallo Spirito,
è dunque un dinamismo intrinseco al carisma, fa parte della sua natura.
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