“Tu mi hai preso per mano”. Si era svegliato presto e quelle
parole erano già fiorite sulle labbra. Gli parvero la cifra della sua vita. Era
un salmo che lo aveva sempre incantato. “Anch’io mi ribello spesso – si disse apa
Pafnunzio –, mi chiedo il perché d’un cammino che ha volte si fa così duro,
vorrei scappare, fare come tutti. Poi rientro in me, ascolto quella voce, mi
faccio attento alla tua Parola, mi trovo in comunione con i fratelli e riscopro
la bellezza di stare accanto a te”.
Era soprattutto nei momenti in cui stava assieme ai fratelli
della laura che provava la gioia della chiamata e d’una vita assieme a Dio. Sentiva
la gratitudine verso colui che lo aveva scelto e gli era rimasto accanto, sempre
fedele, anche quando non ne avvertiva la presenza.
“Io sono sempre con te”, gli rivelava Dio nella parole del
salmo. “Sì – gli rispondeva l’apa –, mi tieni sempre per mano, perché non mi
perda, anche quando cerco di sfuggirti, anche quando mi sono allontanato da te.
Sei sempre con me, anche quando mi ribello, anche quando abbiamo litigato,
anche quando ho fatto l’indifferente, anche quando ho cercato di ignorarti.
Ho vissuto una vita con te e tu con me”.
Quanta pazienza aveva avuto il Signore con lui, com’era
grande la sua misericordia: “Non ti sei ancora stancato di me”, gli ripeteva.
“Continua a guidarmi secondo i tuoi disegni e mi condurrai fino al Padre, dove
mi accoglierai nella gloria”.
Quando più viva e forte avvertita la presenza del Signore
nei momenti della intensa comunione fraterna con i suoi, apa Panunzio nulla più
desiderava sulla terra. Con sempre maggiore gioia, sapeva che il suo bene era
stare con Dio.
“Ormai la mia vita viene meno, ma tu sei la roccia salda
sulla quale hai costruito la mia casa. Tutto viene meno, non tu, e in te
neppure io verrò meno”.
Non gli restava che narrare la gloria di Dio.
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