martedì 17 ottobre 2017

Al Simposio di Buddisti e Cristiani in dialogo


Alla fine di aprile 2008 a Castelgandolfo si tenne il terzo Simposio di Buddisti e Cristiani in dialogo, organizzato dal Movimento dei focolari. In quella circostanza fui chiamato a raccontare alcune esperienze di religiosi, a cominciare da me. Oggi mi hanno mandato il testo che avevo preparato in quella circostanza.

Avevo sedici anni quando ho avvertito contemporaneamente la chiamata a seguire Gesù nella vita religiosa e la chiamata a vivere l’Ideale di Chiara Lubich. Cinque anni più tardi ho pronunciato i voti di castità, povertà e obbedienza, in una particolare famiglia religiosa: i Missionari Oblati di Maria Immacolata.
Come sapete nella tradizione cristiana ci sono tanti ordini religiosi diversi, nati dall’esperienza di alcuni santi fondatori, un po’ come anche nel Buddismo vi sono tradizioni monastiche diverse. Ero molto contento del gruppo religioso nel quale entravo a far parte, mi sembrava il più bello.
Un mese prima della mia consacrazione a Dio ho partecipato ad un incontro che si svolgeva al Centro Mariapoli con Chiara. C’erano persone consacrate di differenti ordini, d’ogni parte del mondo. Erano tutti più grandi di me, con una profonda esperienza di vita spirituale. Alcuni erano membri di ordini antichi e famosi. Era evidente la grande varietà di tradizioni: lo si vedeva anche dalla diversità degli abiti monastici che indossavano.
Più che la distinzione tra loro mi colpì l’amore che tutti li univa in un cuor solo e un’anima sola. Rimasi affascinato dalla bellezza dell’unità che regnava tra loro, dall’impegno sincero con cui vivevano il Vangelo, da come si aiutavano a raggiungere insieme la santità. Decisi di vivere come loro.
Da allora sono passati quarant’anni e sempre più amo l’ordine dell’altro, con la sua tradizione, come il mio, cercando di vivere le parole della Sacra Scrittura: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda”.

Potrei raccontarvi tante altre esperienze di tanti altri religiosi nel mondo con i quali siamo legati dall’Ideale di unità di Chiara.

Ad uno di loro i terroristi hanno ucciso il fratello. Lui ha avuto la forza di perdonare, secondo quanto insegna il Vangelo: “Amate i vostri nemici; fate del bene a chi vi fa del male; perdonate e sarete perdonati”. Allora altri terroristi in carcere, colpiti dalla sua testimonianza, lo hanno voluto incontrare.
Lui non era mai stato in un carcere e non sapeva come comportarsi. Poi si è ricordato delle parole di Gesù: “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi…”. Bastava riconoscere in quegli assassini il volto di Gesù. Bisognava soltanto amarli. Così ha fatto. Tanti di loro si sono convertiti perché, dicevano, “Sapere di essere amati, ha sconvolto i nostri schemi mentali”.

In Brasile un altro religioso ha avuto un grave incidente stradale. Proprio quel giorno aveva iniziato a vivere la Parola di Vita: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. I suoi dolori fisici, quelli degli altri ammalati e i dolori morali conosciuti in ospedale, erano così forti che egli non avrebbe più voluto vivere: ha domandato al suo vescovo se poteva chiedere di morire.
Ma l’amore da cui è stato circondato da parte di tanti altri religiosi e da tante altre persone lo ha aiutato. “Mi sono sentito al centro di una immensa carica d’amore – ci ha raccontato –, che non ha niente a vedere con la simpatia umana: è la forza di Dio, la forza dell’unità soprannaturale. Nello stesso tempo – continua – ho capito che questa corrente d’amore non doveva fermarsi a me, ma doveva riversarsi sulle persone attorno, nell’ospedale”. Così ha amato a sua volta, dimenticando se stesso, i suoi dolori, per ascoltare gli altri e aiutare gli altri. E tanti ammalati, così come altre persone che lavorano in ospedale o che sono andate a trovarlo, sono tornati a Dio. Era il chicco di grano che portava frutto.

Ancora un altro religioso. Siamo nella Settimana Santa, i giorni nei quali noi cristiani riviviamo il mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù. Questo religioso, che abita in una casa di riposo per anziani, aveva deciso di vivere quei giorni in raccoglimento e in preghiera. Ma un infermiere si assenta per ferie, un altro per un problema di famiglia. Insomma, racconta il religioso, “ho passato la settimana santa a curare gli ammalati e gli anziani, a dar loro da mangiare, talvolta a imboccarli come bambini, lavarli, cambiare la biancheria… Non posso partecipare alla preghiera nella chiesa – mi sono detto – ma posso contemplare le sofferenze e le piaghe di Gesù in questi miei fratelli ammalati. Il Venerdì Santo, giorno della morte di Gesù, ho accudito un sacerdote completamente infermo, che non parlava più da parecchi mesi. Ho provato una dolcezza indescrivibile vedendo in lui Gesù. A un certo momento lui mi ha sorriso, riempiendomi l’anima di gioia”.

L’Ideale dell’unità è penetrato anche in monasteri dove si vive il silenzio, la clausura e l’isolamento dal mondo, come nelle trappe, che sono i monasteri più austeri nella Chiesa. Un membro di uno di questi monasteri, un trappista, racconta cosa è avvenuto nella sua comunità:
“Sentivamo il bisogno che l’amore tra di noi fosse più intenso, ma non sapevamo come fare. Vivevamo vicini l’uno all’altro, ma tra noi c’erano delle incomprensioni, dovute a mancanza di dialogo teologale e profondo. Avevamo fatto parecchi tentativi, ma erano tutti falliti. Allora mi sono detto: perché non riunirci attorno alla Parola di Vita, come ci insegna Chiara? Fu una scoperta, e sperimentammo con una intensità straordinaria gli effetti della presenza di Gesù in mezzo a noi. Riscoprimmo in maniera nuova la nostra vita monastica. Gli incontri settimanali in cui ci comunicavamo le esperienze fatte vivendo la Parola di Vita erano molto densi e ne partivamo sempre profondamente stimolati e rinnovati, sia nel senso dell’interiorità che in quello della comunione”.

Queste poche piccole esperienze ci fanno forse intuire quanto l’amore possa costantemente rinnovare la nostra vita di religiosi e ci aiuti a raggiungere lo scopo del nostro cammino.


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