Quaranta giorni: il tempo che,
secondo gli antichi, occorreva perché il sangue di un uomo si rinnovasse
completamente. Quarant’anni perché si rinnovasse il sangue di un popolo.
Per questo occorsero quarant’anni di
deserto affinché il popolo d’Israele si rigenerasse e potesse entrare nella
terra promessa. Quaranta giorni di deserto servirono a Elia, a Gesù.
In cerca di conversione, sulle
tracce dei grandi modelli biblici, anche noi ogni anno celebriamo con serietà i quaranta giorni
della Quaresima.
Meno attenzione prestiamo ai
quaranta giorni che vanno dalla Pasqua al quando Gesù sale al cielo. Eppure
sono giorni di fondamentale importanza. È il periodo della vera grande
conversione, durante il quale il nostro “sangue” dovrebbe davvero rinnovarsi
completamente, fino alla metànoia, a
far nascere in noi un nuovo modo di
pensare e di vedere, capace di andare al di là delle apparenze e scoprire
il senso vero della realtà.
Per quaranta giorni Gesù convive con
i discepoli per far loro comprendere come stanno davvero le cose, ora che egli
è risorto. Li esercita a riconoscerlo presente ovunque, in ogni persona, in
ogni situazione, in ogni giornata. Lui c’è, è lì, dove meno se lo
aspetterebbero. Anche per strada? Anche nel giardino? Anche in casa? Anche al
lavoro sul lago? Sì, c’è, anche se non lo riconoscono subito. Allena i
discepoli a saperlo riconoscere. Quando finalmente hanno imparato: “È il
Signore!”, egli può salire al cielo, ha compiuto la sua missione.
Per la verità ci sarà un ulteriore
passo: dieci giorni più tardi, dovrà mandare lo Spirito Santo a ricordarci ciò
che ci ha insegnato, perché rischiamo sempre di dimenticarlo…
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