martedì 9 febbraio 2016

200 anni e non sentirli


200 anni e non sentirli

   
30-01-2016  di Fabio Ciardi
fonte: Città Nuova on line

Festeggiano il bicentenario gli Oblati di Maria Immacolata, comunità di missionari a vita comune fondata da sant’Eugenio de Mazenod nel 1816. Anche papa Francesco ha mandato il suo messaggio augurando di «approfondire l'impegno personale con Gesù ed essere uomini che testimoniano continuamente la gioia del Vangelo»

200 anni degli Oblati
Un albero centenario che spande i suoi rami in 68 Paesi dei 5 continenti, sul quale sono spuntati 14.743 fiori (l’ultimo si chiama Jeniston Benedict Therispustam, dello Sri Lanka). L’immagine racchiude la storia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata che celebrano 200 anni di vita.
Cinque giovani sacerdoti si incontrarono il 25 gennaio 1816, data in cui si ricorda la conversione di san Paolo, decisi, come l’Apostolo delle genti, ad annunciare il Vangelo nella loro terra di Provenza, nel sud della Francia. Quel giorno, alle autorità della diocesi di Aix-en-Provence, presentarono la richiesta di abitare insieme per dare vita a una comunità di missionari. Dopo aver descritto la situazione di perdita della fede della società loro contemporanea, soprattutto a seguito della Rivoluzione francese, e dopo aver costatato che la pastorale offerta dalla diocesi era inadeguata a rispondere alle nuove sfide, domandavano di passare a tappeto il territorio, visitando le famiglie, parlando nelle chiese, radunando le persone per annunciare in modo nuovo il Vangelo.
La richiesta di dar vita a una società di missionari era motivata anche dal desiderio di perseguire una “santità comune”, nella convinzione che non si può annunciare efficacemente il Vangelo se non lo si vive con radicalità, non si può costruire una comunità cristiana senza l’esperienza di un’autentica vita fraterna.
L’idea era brillata in cuore a sant’Eugenio de Mazenod, allora trentenne, che si sentiva chiamato a continuare la missione stessa di Cristo, come scrisse appena due anni dopo gli inizi, guardando ai suoi Oblati, allora appena un pugno di uomini: «Quale fine più sublime di quello del loro Istituto? Il loro fondatore è Gesù Cristo, lo stesso Figlio di Dio; i loro primi padri gli Apostoli. Sono chiamati ad essere i cooperatori del Salvatore, i corredentori del genere umano e, benché per il momento debbano limitare il loro zelo ai poveri delle nostre campagne, considerato il loro attuale piccolo numero e i bisogni più pressanti della gente che li circonda, la loro ambizione deve abbracciare, nei suoi santi desideri, l’immensa distesa di tutta la terra».
La loro ambizione fu presto realizzata, dilatandosi prima in America, poi in Asia, in Africa… fino ad abbracciare “l’immensa distesa di tutta la terra”.
Il bicentenario, appena avviato, non vuole essere un evento solo celebrativo – anche se è bello ricordare i frutti di santità e le opere compiute, e dobbiamo darne gloria a Dio; vuole essere soprattutto un momento per ripensare la missione nel contesto variegato della presenza oblata nel mondo: con minoranze etniche ed emigrati, tra carcerati e nelle periferie operaie delle grandi città, attraverso gli antichi e nuovi mezzi di comunicazione di massa, università e piccole scuole di villaggio, attraverso missioni popolari e parrocchie…

Sul sito di Città Nuova sono subito apparsi alcuni commenti:

Io non ho conosciuto personalmente Eugenio de Mazenod (che pretesa!), ma da tempo ha avuto e ho la fortuna di frequentare vari suoi figli, di diverse nazioni ed età. Continuano e attualizzano con autenticità e gioia l'eredità missionaria del Fondatore. Nella Chiesa, sotto certi aspetti invecchiata e scoraggiata, sono un germe di speranza. Anche perchè vari di loro hanno avuto la fortuna di essere contaminati dal carisma di Chiara Lubich.

Grazie Padre Fabio! Che storia meravigliosa ... Sì, ringraziamo Dio per i 14.743 fiori sbocciati su quest'albero-Vangelo che sparge i suoi rami sull'immensa distesa di tutta la terra. E, permettimi, di ringraziare Dio per uno di quei fiori in modo speciale!

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