Sono scontati gli esiti di conversione personale nell’accoglienza
della misericordia di Dio; meno, ma ugualmente prevedibili, quelli sociali, quando
il suo esercizio si rivolge alle persone attorno. La sua concretezza si
visibilizza al punto che la parola “misericordia” nella Firenze del XIII secolo
divenne il nome per un ente assistenziale, capace di fornire cure gratuite ad
ammalati e feriti, e provvedere alla sepoltura dei morti derelitti. Il nome di “Misericordia”
continua anche oggi a designare associazioni e confraternite di volontariato
che operano in tutta Italia nell’ambito dell’assistenza medica.
Inattesi e sorprendenti invece le ricadute storiche e
geopolitiche della misericordia. Papa Francesco lo sta facendo vedere: ha
inventato il disgelo Usa-Cuba, ha cercato di portare sul piano della preghiera
il conflitto mediorientale, sta elaborando un accordo con la Cina, prende
contatti con il mondo musulmano… L’incontro con il patriarca ortodosso di Mosca
Kirill e il documento siglato congiuntamente vanno ben al di là degli ambiti
ecclesiali o del dialogo ecumenico: coinvolgono politica ed economia, ecologia
e conflitti, affrontando con lucidità e in maniera propositiva i grandi
problemi del nostro mondo contemporaneo. Un appello al dialogo a tutto campo che
non parte né da Mosca né da Roma ma, in maniera significativa, da «Cuba,
all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest», con parole rivolte «a tutti i
popoli dell’America Latina e degli altri Continenti».
L’amore non permette solo di cambiare la vita attorno
a sé, ma anche di inventare la storia. L’atteggiamento misericordioso è creativo
e innovativo. È a questo che deve mirare l’esperienza della misericordia.
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