Uno dei
punti forti della Quaresima è la preghiera. Legata ad essa vi è una delle più
consolanti promesse di Gesù: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto. Perché
chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto» (Mt 7, 7-8; cf. Lc 11, 9-10).
A riprova che Dio esaudirà
la nostra domanda, Gesù porta l’esempio di un padre che risponde a tono al
figlio: se questi gli chiede un pesce non gli darà certo una serpe, se gli chiede un uovo, gli darà uno
scorpione. «Se voi,
dunque, che siete cattivi – conclude Gesù
–, sapete dare cose
buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose
buone a quelli che gliele chiedono!» (v. 11).
Purtroppo, verrebbe da dire, le cose non stanno proprio così. Questa
promessa sembra non essere rispondente alla realtà. Quante volte chiediamo a
Dio qualcosa, che di fatto ci viene negata. Cosa ne è di questa promessa quando,
ad esempio, si domanda con insistenza la guarigione di un figlio ammalato e poi
sopraggiunge la morte, nonostante l’aver tanto bussato, tanto pregato? Così, l’estrema
fiducia con la quale ci si è rivolti a Dio, spesso si trasforma in rivolta
contro di lui, perché non ha esaudita la preghiera sincera.
Spesso ci
immaginiamo la preghiera come un modo per piegare Dio al nostro volere.
Gli suggeriamo come dovrebbe agire, lo supplichiamo di darci quello che gli
chiediamo, convinti che la nostra richiesta sia la più giusta, la più
conveniente.
Che la preghiera non sia invece un
modo per piegare noi alla volontà di Dio? Nella seconda lettura dell’Ufficio di oggi, Giovanni
Crisostomo scrive che la preghiera è «una comunione intima con Dio… luce
dell'anima, vera conoscenza di Dio, abbraccia il Signore con amplessi
ineffabili… è un desiderare Dio…».
La
preghiera è dunque un entrare in Dio, nel suo mondo, nel suo pensiero. Essa si
porta gradualmente a vedere le cose come lui le vede. Al punto che alla fine la
preghiera si trasforma nel chiedere che si compia la sua volontà, perché piano
piano ci rendiamo conto che essa è bella, vera, la più adeguata alla nostra
situazione. Forse non la capiamo, ma la preghiera ci conduce comunque alla
piena fiducia in Dio. Come è capitato a Gesù, che ha chiesto, cercato, bussato:
«Padre, allontana da me questo calice». Giustamente domandava che gli fosse
risparmiata la morte e quel tipo orrendo di morte. Ma proprio nel dialogo con
il Padre, egli è entrato nel suo cuore, nella “comunione intima con Dio”, come
direbbe Giovanni Crisostomo, e quindi ha compreso che la cosa più bella che il
Padre poteva donargli era proprio quell’incomprensibile destino di morte: «Non
la mia, ma la tua volontà sia fatta».
Si comprende allora
la variante del Vangelo di Luca,
rispetto a quello di Matteo: «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare
cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo
Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Chiediamo, chiediamo… e cosa ci
viene dato? Lo Spirito Santo, che sa farci entrare nel mistero di Dio, che ci
porta alla comprensione del suo infinito amore di Dio: ci fa capire che Dio,
perché Amore, perché Padre, vuole comunque il nostro bene, e ci darà
sicuramente quello che è meglio per noi: più di quello che voi gli chiediamo. Non sappiamo pregare come si
conviene – ci ricorda Paolo –, ma lo Spirito stesso intercede per noi con
gemiti inesprimibili (cf. Rm 8, 26).
In definitiva,
la promessa è vera oppure no? È verissima: ci
viene sicuramente dato, troveremo con certezza, ci
sarà aperto, anzi spalancato, ma in modo che, in un primo momento, non ci saremmo
aspettati.
Proprio perseverando nel chiedere, cercare, bussare, si finisce con l’entriamo
in una confidenza tale con Dio, che piano piano ne comprendiamo la logica, il
suo mondo, il suo amore vero e sincero, e ci adeguiamo al suo volere, infinitamente
più bello, più buono di quello che all’inizio noi potevamo immaginare.
Nessun commento:
Posta un commento