domenica 31 gennaio 2016
sabato 30 gennaio 2016
Uno sguardo di fede per riconoscerti
«Non è il
figlio di Giuseppe?». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni
di sdegno; si levarono… per gettarlo giù dal precipizio. (Luca 4, 21-30)
Cosa ha detto Gesù di tanto grave da provocare una
reazione così violenta?
Non ha minacciato i “guai” che gli sentiremo proferire
più avanti. Non ha apostrofato i paesani come “sepolcri imbiancati” o “razza di
vipere”. Non ha neppure espresso le dure esigenze per seguirlo: vendere tutto,
rinnegare se stessi, prendere la croce…
Cosa ha detto di tanto grave da sdegnare la sua gente
al punto da volerlo precipitare giù nel burrone?
Finalmente era giunto il profeta. Anzi, più di un
profeta. Non soltanto egli dice la parola di Dio, è egli stesso la Parola di Dio, è Dio. Sta
qui lo scandalo. Il Messia non sarebbe dovuto venire con potenza e gloria? Nessuno
avrebbe saputo da dove sarebbe giunto. Il divino deve essere sempre circondato
dall’alone del mistero. Come è possibile che la persona dell’Atteso coincida
con il vicino di casa, con una persona tanto normale, così conosciuta. “Non è
il figlio di Giuseppe?”. Anche loro a Nazareth, sapevano che da Nazareth non poteva
venire niente di buono.
Forse anche noi lo aspettiamo ammantato di gloria. Lo
immaginiamo sempre diverso da come egli è.
E se Gesù mi capitassi accanto nella vesta delle solite persone che incontro ogni giorno, con cui ogni giorno condivido la
vita normale, lo saprei accettare? Gesù lui? Gesù lei? Ma li conosco anche
troppo bene, ne so i limiti, i difetti… non possono essere Gesù. Non è il figlio
o la figlia del tale, non è una persona di casa? Come possono, lui o lei, essere
Gesù?
Dammi occhi
nuovi, Signore,
ogni giorno,
perché sappia
vedere sempre nuove
le solite
persone
che ogni
giorno
mi poni
accanto.
Che ti possa
riconoscere,
nel volto dei
fratelli,
anche quando
mi è difficile,
e in loro amarti
e servirti.
Che in loro,
anche quando
non mi aspetto niente di buono,
sappia vedere
il tuo volto.
venerdì 29 gennaio 2016
Turnea: il sogno del Paradiso, concretezza dell’umano
Oggi l’ultimo saluto a Turnea, il pistoiese Giorgio Martelli che
ha scalato la vetta della santità.
Le parole con le quali si è congedato dagli amici sono state
sul Regno dei cieli, quasi lo vedesse già. Vi era già dentro.
Un di qua e un aldilà senza barriere, in continuità di vita.
La sorpresa di vedere tutto l’umano assunto dal divino.
Cielo e terra che si uniscono e si compenetrano.
Pienezza.
Per un sindacalista come lui, attento ai problemi sociali, impegnato
nell’integrazione degli studenti stranieri, appassionato per l’armonia del
mondo creato da Dio e costruito dall’uomo, sarà stato bello entrare in Paradiso
e vedere i suoi sogni attuati, tutti, con una pienezza al di là di ogni
immaginazione.
Il sogno del Paradiso dà concretezza al nostro lavoro umano.
giovedì 28 gennaio 2016
Vivere per l'unità con Piet Jacobus Shaw
Preparando il secondo volume
Un anno con sant’Eugenio e i suoi Oblati, mi sono imbattuto nel vescovo Piet Jacobus Shaw, che per tanti anni è stato
missionario itinerante nel Chaco paraguaiano.
Nato il 6 settembre 1925 a Wilrijk, in Belgio, è morto
21 giugno 1984 moriva in un incidente stradale.
Nel 1981 era stato nominato vicario
apostolico del Pilcomayo. Gli
Oblati del Paraguay vorrebbero aprire la causa di beatificazione di questo loro confratello.
In archivio ho trovato alcune parole pronunciate da
lui nel giorno della sua consacrazione, a commento del motto episcopale che
aveva scelto: “Ut unum sint”.
Guardando attorno, leggendo
i giornali, vediamo una disunità costante, guerre, rivoluzioni, scontri ovunque,
ingiustizie. Questo è ciò che vediamo in questo mondo, ma Gesù è venuto a
scambiare questo mondo, a costruire un nuovo mondo bello, unito; per questo è
morto sulla croce. I cristiani devono continuare la sua missione vivendo l'unità.
Al di là di tutte le differenze, dobbiamo cercare l'unione, come lo ha chiesto
Gesù durante l'Ultima Cena, e crescere nell’unità, nell'amore. Non fermiamoci a
guardare se che l'altro fa bene oppure no, ciascuno di noi deve lavorare per giungere
a un’unità maggiore, a una più grande fraternità con il prossimo, con le
persone con cui viviamo; soltanto così potremo contribuire a cambiare il mondo,
a fare un mondo bello, unito, come Dio l'ha creata all'inizio. Per questo ci riuniamo
attorno all'Eucaristia, sacramento di unità, di amore, nel quale Gesù viene a
noi.
A volte l’unità è
difficile; però è possibile, abbiamo molti esempi di santi... e soprattutto il
grande esempio della Vergine. Noi qui in Paraguay abbiamo tutti una grande devozione
alla Vergine; lei, per un privilegio, è senza alcun peccato. Noi possiamo seguire
il suo esempio e quello dei santi che ci hanno preceduto. Ora che tornerete a
casa, chiedete a Dio la grazia di rimanere sempre uniti, e questa unione
crescerà con la nostra preghiera.
mercoledì 27 gennaio 2016
Gli auguri di papa Francesco per i 200 anni degli Oblati
Il Segretario di Stato ha trasmesso al superiore generale gli auguri di papa Francesco per i 200 anni degli Oblati
Caro padre Lougen,
Il santo Padre è stato lieto di essere informato del bicentenario dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che sarà celebrato il 25 gennaio 2016, ed invia buoni auguri carichi di preghiera a tutti i sacerdoti e i Fratelli della Congregazione.
Sua Santità si unisce a voi nel rendere grazie all’Onnipotente per le numerose benedizioni riversate sull’Istituto in questi 200 anni e per i frutti abbondanti che le vostre fatiche hanno portato. Perché possiate essere ancor più fedeli al carisma del vostro fondatore, sant’Eugenio de Mazenod, vi incoraggia tutti ad approfondire il vostro impegno personale con Gesù Cristo e ad essere uomini che testimoniano continuamente la gioia del Vangelo “non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio (Evangelii Gaudium, 259). In questo modo sarete veramente co-operatori con Cristo ed evangelizzerete quanti hanno maggiormente bisogno della sua misericordia e del suo amore.
Affidandovi tutti all’intercessione di Maria Immacolata, papa Francesco volentieri imparte la sua Benedizione apostolica come pegno di pace e di gioia nel Signore.
Sinceramente vostro in Cristo, Pietro card. Parolin, Segretario di Stato
Caro padre Lougen,
Il santo Padre è stato lieto di essere informato del bicentenario dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che sarà celebrato il 25 gennaio 2016, ed invia buoni auguri carichi di preghiera a tutti i sacerdoti e i Fratelli della Congregazione.
Sua Santità si unisce a voi nel rendere grazie all’Onnipotente per le numerose benedizioni riversate sull’Istituto in questi 200 anni e per i frutti abbondanti che le vostre fatiche hanno portato. Perché possiate essere ancor più fedeli al carisma del vostro fondatore, sant’Eugenio de Mazenod, vi incoraggia tutti ad approfondire il vostro impegno personale con Gesù Cristo e ad essere uomini che testimoniano continuamente la gioia del Vangelo “non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio (Evangelii Gaudium, 259). In questo modo sarete veramente co-operatori con Cristo ed evangelizzerete quanti hanno maggiormente bisogno della sua misericordia e del suo amore.
Affidandovi tutti all’intercessione di Maria Immacolata, papa Francesco volentieri imparte la sua Benedizione apostolica come pegno di pace e di gioia nel Signore.
Sinceramente vostro in Cristo, Pietro card. Parolin, Segretario di Stato
martedì 26 gennaio 2016
200 anni OMI, Un progetto condiviso con la gente
È
appena stato pubblicato un libro con i contributi per il convegno sulla stampa
missionaria degli Oblati in Europa. Il volume si apre con la mia relazione su
sant’Eugenio e la stampa.
Tra
l’altro ricordo che in vista della fondazione dei Missionari di Provenza
sant’Eugenio - aveva ormai 33 anni – pensò fosse opportuno
coinvolgere la gente della città nel suo progetto. Compose un Prospectus pour les missions, che potrebbe
essere considerato il primo tentativo di coinvolgere le persone a largo raggio
nel proprio progetto missionario. L’originale è conservato nei nostri
Archivi di Roma: ne riproduco qui accanto la prima pagina.
Inizia
con l’analisi della situazione dolorosa della Chiesa del proprio tempo e la
necessità di porvi rimedio, con parole che riprenderà nella futura Regola:
Poiché
lo stato deplorevole nel quale si trova la religione nelle nostre campagne, i
cui abitanti sembra aver rinnegato la fede dei loro padri, ha vivamente toccato
diversi ecclesiastici che si sono resi conto della gravità della piaga, essi
hanno deciso di consacrarsi interamente all’opera delle Missioni, per cercare
di riportare le genti ai principi religiosi…
Segue
la proposta concreta delle missioni e di una comunità di missionari:
In
questa grave situazione, si è pensato che occorreva ricorrere al solo mezzo che
l’esperienza ha provato essere quasi sempre efficace, il ministero dei
Missionari… gli ecclesiastici che vi si dedicano… sono attratti dal pensiero di
radunarsi gradualmente in gran numero, in modo che gli uni possano dedicarsi
alla preghiera, allo studio, alla meditazione delle sante verità, mentre gli
altri si spanderanno nei paesi, per annunciarvi la Parola di Dio e far
rinascere la pratica dei precetti evangelici.
Giunge
infine l’appello alla generosità, quale espressione di un amore sincero per la
religione e, dopo aver segnalato le preghiere che si fanno per i benefattori,
il Prospectus si conclude con un “formulario di
sottoscrizione” per contribuire alle spese dell’acquisto e risistemazione della
casa dei Missionari di Provenza, fondato nell’antico convento delle
Carmelitane.
La
richiesta di sant’Eugenio non rimane senza risposta. Un benefattore si dichiara
disposto a prestare 12.000 franchi senza interesse per un anno. Lo zio
Roze-Joannis promette di inviare 300 franchi. Anche i giovani
dell’Associazione offrono il loro contributo.
lunedì 25 gennaio 2016
A Bologna i 200 anni degli Oblati
Celebrare i duecento anni di vita degli Oblati non significa
soltanto far memoria delle origini, ma anche del cammino compiuto in questi
anni.
È quanto ho cercato di fare ieri a Bologna nella nostra
parrocchia della Madonna della Fiducia. Dopo la messa solenne presieduta dal
nuovo arcivescovo, don Matteo Zuppi (vecchia conoscenza di Roma), ho mostrato
in breve alle persone lo straordinario ventaglio missionario che si è aperto
sul mondo intero, a partire dal quel 25 gennaio 1816: una storia meravigliosa.
Un esempio significativa, che copre quasi un terzo dei 200
anni, è proprio quello della nostra presenza a Bologna. Risale a subito dopo la
seconda guerra mondiale, quando agli Oblati fu affidata la valle dell’Idice e le
zone adiacenti: decine di parrocchie sprovviste di chiesa o con le chiese
distrutte dai bombardamenti. Il “gruppo missionario” partiva con un camioncino
attrezzato a cappella volante e si muoveva di paese in paese per la missione al
popolo, la visita alle famiglie. Erano alleggiati in alcune stanze della “casa
del popolo”, sede del partito comunista. Entrando nelle case delle famiglie invece
del quadro della Madonna o del Sacro Cuore trovavano quello di Stalin e di
Togliatti.
Alcuni anni più tardi, nel 1957, il nuovo arcivescovo, il
card. Lercaro, li invitò a “sedentarizzarsi” in un nuovo insediamento alla
periferia della città: le case popolari della zone delle Due Madonne. Le nuove
costruzioni erano sorte in semicerchio, lasciando in mezzo un grande terreno
dove trovò posto una cappella provvisoria e poi la chiesa della Madonna della
Fiducia costruita dagli Oblati. È bello e significativo vedere, anche oggi, la
chiesa proprio in mezzo alle case. Pur lavorando nella nuova parrocchia, gli
Oblati continuarono il lavoro missionario itinerante nell’intera diocesi e
oltre.
Ne è testimone il vecchio padre Giangiacomo Coati – ancora
al posto di combattimento –, che ha vissuto quasi metà dei duecento anni della
nostra storia!
domenica 24 gennaio 2016
Gli Oblati festeggiano i 200 anni a Roma
Aggiungi didascalia |
I nostri amici di Firenze, più di sessanta, sono venuti a
Roma per festeggiare i 200 anni dalla nascita degli Oblati. Primo atto: passare
la porta santa di san Paolo fuori le mura, per celebrare l’anno giubilare. San
Paolo perché nessuno meglio di lui dice la natura della famiglia oblati:
missionari come l’apostolo delle genti. San Paolo perché gli Oblati sono nati
il giorno nella quale la Chiesa ricorda la sua conversione. San Paolo perché il
nome di sant’Eugenio è inciso sulla lapide dell’abside, a ricordo della sua
presenza quando Pio IX consacrò la basilica dopo che un incendio, trent’anni
prima l’aveva distrutta.
È seguita la classica visita ai nostri luoghi più cari: san
Silvestro al Quirinale dove sant’Eugenio viveva quando veniva a Roma, le stanze
di sant’Ignazio e quelle di san Filippo Neri, dove il fondatore degli Oblati ha
vissuto intense esperienze mistiche… Una gioiosa passeggiata nel cuore di Roma,
che aveva incantato sant’Eugenio e continua a incantare anche noi.
Ho avuto la gioia di esplicare la mia vocazione di guida
turistico-spirituale. Soprattutto ho avuto la gioia di condividere qualche
momento dell’esperienza di sant’Eugenio a Roma con famiglie, giovani, bambini, persone
di famiglia, la grande famiglia dei missionari Oblati.
Con sant’Eugenio abbiamo pregato:
lavorare
per te, vivere e morire per te.
Mio
Dio, ho una ragione grande
per
dedicarmi interamente al tuo servizio,
per
offrirti la mia vita e tutto quello che sono,
per
consumare tutto ciò che è in me a gloria tua.
Infatti
ti appartengo sotto tanti punti di vista.
Tu
non sei solo il mio creatore e Redentore,
così
come lo sei per tutti gli altri uomini;
tu
sei il mio benefattore particolare,
perché
mi hai applicato i tuoi meriti
in
un modo tutto speciale.
Tu
sei il mio amico generoso
che
ha dimenticato tutte le mie ingratitudini.
Tu
sei il mio tenero Padre
che
ha portato questo ribelle sulle sue spalle,
riscaldandolo
col tuo cuore,
lavando
le sue piaghe.
Dio
buono, Signore misericordioso,
mille
anni spesi al tuo servizio,
sacrificati
a gloria tua
sono
la minima che la tua gloria possa esigere da me.
sabato 23 gennaio 2016
Oggi la Parola si compie
Avrei voluto essere lì, tra gli altri, nella sinagoga di Nazaret,
e vedere i tuoi gesti lenti e solenni: ti alzi, prendi il rotolo del profeta Isaia,
lo svolgi, lo leggi, lo riavvolgi, lo consegni, ti siedi. Avrei voluto essere lì,
gli occhi fissi su di te, per bere ogni tua parola.
«Lei è su di me», hai letto (lo Spirito, nella tua lingua
materna, è femminile). Lei è su di te. Era su di te da quando per lei fosti concepito
nel grembo di Maria. Era scesa su di te al fiume Giordano. Ti aveva guidato nel
deserto e in Galilea. Ora ti in- via a compiere il grande annunzio, la missione
di liberazione e di salvezza.
Non hai soltanto letto un testo profetico, come facevano i rabbini. Non l’hai
spiegato e commentato come gli scribi. Tu non parli delle Scritture. Sono esse che
parlano di te. Tu attualizzi le parole del profeta: «Oggi questa Scrittura si è
compiuta».
La promessa non è più una speranza che mira al futuro. Il
lieto annunzio di liberazione, di guarigione, di salvezza si fa evento nella tua
persona: sei tu il Liberatore, il Medico, il Salvatore.
Non ero lì nella sinagoga di Nazaret, ma ogni domenica vengo
ad ascoltare la tua parola. Ci parli come allora. Sei tu che parli – ci ricorda
il Concilio – quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. Lo so, lo credo.
Ma come ti ascolto? Le tue sono soltanto parole belle, piene
di sapienza, ispiratrici? Oppure parole che si compiono e diventano vita? Sono eco
di discorsi ed eventi del passato o parole pronunciate “oggi”, che fanno ciò che
dicono, vita che trasforma la vita?
Perché avvenga e le tue parole non siano soltanto una bella
meditazione, un sogno, un’utopia ho bisogno che anche su di me Lei sia.
«Lo Spirito del Signore è sopra di me» e la parola da lettera
morta diviene dinamismo di vita, da ricordo evento attuale, da senti- mento azione.
Non più soltanto detta, ma fatta: realtà che opera. Che anch’io, come te, ogni domenica,
dopo l’ascolto del tuo vangelo, possa dire: «Oggi questa Scrittura si è compiuta».
Vieni Spirito Santo, posati su di me
come quando scendesti sul Cristo e guida anche me
come guidasti lui sulle vie degli uomini divenute la via di Dio.
Dona anche a me
la passione per la ricerca accurata e lo studio
sulla vita e la parola di Gesù
che guidò Luca nella stesura del suo vangelo.
Aprimi il cuore all’intelligenza dell’ascolto
e rendi viva e operante la Parola del Maestro: che si compia in me,
nell’oggi di ogni giorno.
venerdì 22 gennaio 2016
La misericordia di papa Giovanni XXIII
-
“Le nostre miserie
sono il trono della divina misericordia” (Il giornale
dell’anima).
-
“Il nome e l’appellativo più bello di Dio sia questo: misericordia. Ciò deve ispirare fra le lacrime
una grande fiducia”
(Il giornale dell’anima).
-
“Quanto al tempo presente,
la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina
della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”
(Giovanni XXIII,
Discorso per la solenne apertura del Concilio, 11 ottobre
1962).
giovedì 21 gennaio 2016
Un anno con Sant'Eugenio e i suoi Oblati
L’anno bicentenario della fondazione dei Missionari Oblati
di Maria Immacolata (1816-2016) è l’occasione propizia per rivisitare le
origini e per trovare in esse l’inesauribile fonte di ispirazione, così da
vivere nell’oggi il carisma dato da Dio a sant’Eugenio de Mazenod.
Così ho pensato di preparare tre volumetti per aiutare per
questo cammino. Essi, uno per ogni quattro mesi, propongono un pensiero di
meditazione per ogni giorno dell’anno, a cominciare dal 25 gennaio 2016 fino al
25 gennaio 2017.
Il primo volume, 166 pagine, è già pubblicato.
I criteri per la scelta dei testi sono i seguenti:
- Eventi legati
alla vita di sant’Eugenio e alla fondazione della Congregazione;
- Memoria del dies natalis di beati, servi di Dio,
martiri e missionari Oblati che hanno lasciato un segno particolare nella
storia della Congregazione;
- Aspetti del
carisma e della spiritualità oblata.
Celebrazione dei
tempi liturgici, delle feste e dei santi particolarmente legati alla vita della
Congregazione.
I giorni dell’anno sono 365 (366 nel 2016), troppo pochi per
una presentazione completa del ricco patrimonio che ci hanno lasciato i nostri
fratelli dalle origini a oggi. È soltanto un piccolo saggio che potrà
stimolarci a ripensare la nostra vocazione e a lanciarci in avanti per
proseguire, con sempre nuova freschezza, nel cammino iniziato 200 anni fa.
mercoledì 20 gennaio 2016
A Sant'Eustachio la comunità cristiana secondo Bonhoeffer
Dopo Sartre, è la volta di Dietrich Bonhoeffer.
"I dialoghi di sant'Eustachio" presentano una delle opere minori eppure molto bella del pastore luterano: La vita comunitaria dei cristiani.
Fra l'altro vi si legge:
Comunione cristiana è comunione per mezzo di Gesù Cristo e in Gesù Cristo. Non esiste comunità cristiana che sia più di questo e nessuna che sia meno. Solo questo, sia nel breve incontro di una sola volta sia in una comunione quotidiana prolungata negli anni. Siamo uniti solo per mezzo di Gesù Cristo e in Lui. Cosa significa:
In primo luogo vuol dire che un cristiano ha bisogno dell'altro per Gesù Cristo.
In secondo luogo che un cristiano incontra l'altro solo per mezzo di Gesù Cristo.
In terzo logo che in Gesù Cristo siamo stati eletti fin dall'eternità, accolti nel tempo e uniti per l'eternità.
martedì 19 gennaio 2016
Una giornata con Nadou
Una ragazza normale, come gli altri di cui ho letto i brevi profili
in questi giorni, Siobhan, Agnès, Romeo.
Nadou, una ragazza del Magadascar, l’isola rossa.
Una studente come tanti, che scopre Gesù eucaristia e va a
trovarlo ogni giorno: “Non puoi immaginare come l’Eucaristia mi dia la forza di
vivere il Vangelo, di amare Gesù, di portare la sua presenza nel mondo”.
Una ragazza che muore come tanti, in un incidente su quelle
strade insicure del suo Paese montano.
Una ragazza che lascia una scia di amore, fatto di aiuto ai
compagni che hanno difficoltà nello studio, di composizione di rapporti tesi,
di scelte controcorrente per rimanere fedele al Vangelo.
Una ragazza che non fa storia, ma che ha lasciato la sua
impronta nella storia, affermando con semplicità la bellezza di Dio.
Oggi me la sono tenuta vicina perché insegni anche a me un
amore appassionato per Gesù nell’Eucaristia e in ogni persona che incontro.
lunedì 18 gennaio 2016
Gli Oblati compiono 200 anni
Il 25 gennaio 1816 de Mazenod, Tempier, Icard,
Mie et Deblieu consegnarono una richiesta ai vicari generali capitolari di Aix di
poter costituire un gruppo di missionari. Quel giorno de Mazenod, Tempier
e, forse, Icard iniziarono a vivere insieme. Presero dimora in due stanze dell’antico
Carmelo di Aix. Tempier, arrivato ad Aix il 27 dicembre del 1815, era andato
probabilmente ad abitarvi qualche giorno prima, per seguire da vicino i lavori
di ristrutturazione.
Da quel giorno [27 dicembre 1815] – scrive Tempier nelle sue Memorie
– sino al 25 gennaio, andavo dai miei genitori solo per dormire la notte;
durante il giorno stavo dal de Mazenod e insieme ci occupavamo con gioia di
tutto ciò che ci proponevamo di fare per la gloria di Dio e la salvezza delle
anime. Dicevamo insieme l’ufficio e facevamo in comune i nostri esercizi di
pietà, nella misura del possibile, in quanto il de Mazenod era spesso sollecitato
dai suoi congregazionisti.
A metà febbraio
arrivarono anche Mie e Deblieu. Appena riuniti, elessero de Mazenod superiore
della casa e, dopo un ritiro di dieci giorni per prepararsi alla vita
apostolica, l’11 febbraio partirono per la prima missione a Grans. I Missionari
di Provenza, appena nati, entravano in azione.
Su quel 25 gennaio
abbiamo uno scritto particolarmente caro agli Oblati, la lettera che sant’Eugenio
scrisse il 24 gennaio 1831 al maestro dei novizi, padre Mille.
Celebro domani l’anniversario del giorno in cui, sedici anni fa [errore di un anno] lasciavo la casa materna per andare ad abitare alla missione. Padre Tempier ne aveva preso possesso alcuni giorni prima. La nostra dimora non era certo magnifica come il castello di Billens e, per quanto povero voi siate, noi lo eravamo di più. Il mio letto di corde fu sistemato nel piccolo passaggio che conduce alla biblioteca, la quale allora era una grande sala che serviva da camera da letto a padre Tempier e ad un altro che non nominiamo più fra di noi; era anche la nostra sala di comunità. Una lampada costituiva tutta la nostra bella illuminazione e, quando bisognava andare a letto, la mettevamo sulla soglia della porta perché servisse ai tre.
La tavola che guarniva il refettorio era costituita da due
assi giustapposte e posate su vecchi barili. Non avevamo mai avuto la felicità
di essere così poveri da quando avevamo fatto il voto di esserlo. Era il
preludio, senza averne coscienza, dello stato perfetto nel quale viviamo così
imperfettamente. (…) Vi assicuro che non avevamo perso nulla della nostra
allegria; anzi, visto che questo nuovo stile di vita contrastava in modo
abbastanza evidente con quello che avevamo appena abbandonato, ci capitava
spesso di riderne di buon cuore. Era doveroso per me questo bel ricordo nel
santo anniversario del nostro primo giorno di vita comune. Come sarei felice di
continuarla con voi!
Si è cominciato a
celebrare il 25 gennaio, come data di inizio della Congregazione, nel 1866, nella
ricorrenza del cinquantesimo. Per quel giorno il Superiore generale, padre
Fabre, con la Circolare 15 del 19 marzo 1865, invitava tutti gli Oblati a
celebrare solennemente l’anniversario della fondazione: “Questo giorno non deve
assolutamente passare inosservato. Reputo un dovere richiamare tutta la vostra
attenzione su un anniversario così solenne, al fine di coltivare nei vostri
cuori i sentimenti più vivi di riconoscenza verso Dio e di affetto verso la nostra
cara Congregazione”. Per l’occasione il Superiore generale chiese e ottenne
dalla Santa Sede una particolare indulgenza, che fu accordata a tutti i membri
della Congregazione, compresi novizi e postulanti.
Da allora il 25
gennaio è diventato il giorno in cui gli Oblati celebrano la nascita della loro
Congregazione. Più propriamente dovremmo chiamare questo giorno: l’inizio della
vita comunitaria.
Lunedì prossimo compiremo 200 anni!
domenica 17 gennaio 2016
La Caffarella, ricchezze a sfare
Il libro della Sapienza, che ci ha accompagnato nella liturgia di
questa settimana, è un inno alla creazione. Sant’Atanasio, incantato da tanta bellezza, ha scritto: “L’onnipotente e santissimo Verbo del Padre, penetrando
tutte le cose, e arrivando ovunque con la sua forza, dà luce ad ogni realtà e
tutto contiene e abbraccia in se stesso. Tutte le cose da lui ricevono
interamente la vita e da lui in essa vengono mantenute: le creature singole
nella loro individualità e l’universo creato nella sua globalità”.
Oggi pomeriggio tutto ciò mi è apparso evidente, durante una passeggiata in
una delle oasi verdi di Roma, il parco della Caffarella, un po’ selvaggio e
trasandato e forse per questo di una bellezza rude e austera. In mezzo, buttati
là a casaccio, con la tipica profusione romana, monumenti antichi e medievali,
ognuno dei quali, preso da solo, farebbero la ricchezza di una regione: un
ninfeo, ruderi di ville imperiali, casali... A cornice, squarci di panorami che
lasciano incantati, con la cupola di san Pietro che spunta da dietro un gregge
di pecore, le merlature del mausoleo di Cecilia Metella oltre il canneto, le
colline dei Castelli in lontananza… Dio e l’uomo si sono alleati per costruire
un paesaggio da fiaba.
sabato 16 gennaio 2016
Le omelie di padre Giovanni Sansone
A
due anni da quel giorno, la sua comunità parrocchiale di Piedigrotta (NA) ha
voluto ricordarlo iniziando la pubblicazione delle sue omelie domenicali,
raccolte con cura in dieci anni.
Un brano di una delle due omelie
per il Vangelo della II domenica per annum che celebriamo domani:
venerdì 15 gennaio 2016
giovedì 14 gennaio 2016
Jean Paul Sartre a Sant'Eustachio
A Sant’Eustachio, dove continuano
i nostri “dialoghi”, Adonella, con la sua mirabile interpretazione, ha fatto
rivivere il teatro di Jean Paul Sartre.
Non crede in Dio, Sartre, ma
anche lui, il giorno di Natale, nel campo di concentramento, non può fare a meno
di contemplare il mistero della Vergine Maria con suo figlio Gesù e, per amore
dei compagni di prigionia, scrive il suo pezzo teatrale, Bariona o il figlio
del tuono.
Uno dei gioielli è la
contemplazione della Madre:
«Cristo è suo figlio, carne della
sua carne e frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato per nove mesi e gli
darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio... Ella sente insieme che
il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli è Dio.
Ella lo guarda e pensa: “Questo
Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. Egli si è fatto di me, ha
i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli mi
assomiglia. È Dio e mi assomiglia!”.
Nessuna donna ha avuto in questo modo
il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia
e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può
toccare e vive».
mercoledì 13 gennaio 2016
Le preoccupazioni degli amici sono le mie
Nel Vangelo della liturgia di oggi mi ha colpito il fatto
che parlano a Gesù della suocera di Pietro che è ammalata. Chi gliene parla? A
una prima lettura sembrerebbero Giacomo e Giovanni, che il Vangelo dice hanno
accompagnato Gesù nella casa di Simone e Andrea. È un verbo impersonale: “gli
parlarono di lei”, ma quella vicinanza al verbo di Giacomo e Giovanni forse non
è casuale. Non è il genero Simone che fa presente la malattia della suocera, ma
gli amici di lui.
Mi è sembrato bello questo prestare attenzione alla malattia
della parente di un amico e chiedere, a posto suo, l’intercessione per la guarigione.
Sentire
nostre le preoccupazioni degli altri e agire di conseguenza.
martedì 12 gennaio 2016
Una giornata con Romeo
Ho passato una giornata in compagnia di Romeo, il fratello di Agnès.
http://fabiociardi.blogspot.it/2016/01/una-giornata-con-agnes.html
Dopo la morte di Agnès muore anche la mamma.
Romeo è colpito a sua volta da un tumore alle ossa:
"Questo male è come un volto di Gesù Abbandonato sulla croce.
Rimando nella volontà di Dio".
Eroiche le parole rivolte al padre prima di morire:
"C'è un'amicizia speciale tra la nostra famiglia e l'Eterno Padre
e noi come suoi figli possiamo amarlo sempre,
anche nella malattia e nella sofferenza.
Vale la pena passare una giornata con un ragazzo così, che muore a 18 anni.
lunedì 11 gennaio 2016
Un bambino dato da Dio
Una sera, dopo la Messa, due signore vennero
nell’ufficio parrocchiale. Una la conoscevo bene, perché frequenta la chiesa ed
è membro attivo della nostra parrocchia. L’altra signora, mussulmana, sua
amica, mi disse di chiamarsi Cadi. Non l’avevo mai vista. Aveva un bambino in
braccio, di 4 mesi.
Mi raccontò subito la storia: si trovava in città
quando una ragazza le chiese se poteva tenerle il bambino. Appena lo prese
nelle sue braccia, la ragazza scomparve. Cadi non sapeva che fare, dal momento
che il bambino aveva pochi giorni. Lo portò all’ospedale, e subito un medico si
prese cura di lui. Non solo, ma le diede anche dei soldi per comperare un
biberon e del latte. Dopo pochi giorni Cadi portò il bambino a casa sua, dal
momento che nessun si faceva vivo. Ha già quattro figli, e questo sarebbe il quinto.
Ha pensato di dargli il nome di Mussa (Mosè) perché salvato miracolosamente.
Mi diceva che non poteva abbandonare questo
bambino, anche se non sa da dove viene. “E’ Dio che me lo ha dato”, diceva, “lo
tratterò come fosse mio”. Mi chiedeva se avessi del latte per bambini. Oggi
sono andato a comperare del latte adatto ai bambini di pochi mesi.
Credo proprio che Cadi, anche se probabilmente non
sa del Giubileo, stia mettendo in pratica la misericordia.
Le esperienze di Celso in Guinea Bissau sono
sempre straordinariamente belle!
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