Primo vescovo
autoctono del Burundi, Mons. Michel Ntuyahaga, a due anni dalla sua ordinazione
episcopale, partecipò a tutte e quattro le sessioni del Concilio Vaticano II. Memorabile
il suo discorso sul “comandamento nuovo” come caratteristico della vita della
Chiesa. Tra l’altro proponeva di istituire una festa nella quale si ricordasse e
si celebrasse il comandamento dell’amore reciproco.
Forse vale la pena
leggere alcune frasi di quel discorso:
“Il Concilio dell’unità e della carità deve insistere sulla
carità e rispondere così alle aspettative del mondo. La carità è l’unica lingua
capace di essere compresa da tutte le nazioni. L’amore è infatti il nodo e il
fondamento della nostra religione cristiana. Non è il primo comandamento che ci
ha ordinato Cristo, il comandamento che contiene tutta la legge e i profeti, il
comandamento dell’amore di Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi?
Non è da questo segno che siamo riconosciuti come discepoli di Cristo? Il
Vangelo che Egli porta, il regno di Dio in noi, non è forse la buona novella dell’amore
di Dio e dell’amore fraterno spinto fino l’amore del nemico? Non è da questo segno
che saremo giudicati?...
Che sarà questo Concilio se non insiste sull’amore tra gli
uomini? Questa è la nostra unica forza, che prevale su tutto il resto, la forza
dei cristiani…
Il Concilio dovrebbe reagire contro l’atrofia del Vangelo.
Il Vangelo è la via nella carità… Solo carità cambierà il mondo… Per questo il
Concilio deve alzare la voce e ricordare a tutti, in modo speciale, il comando
del Signore…
Sarebbe auspicabile istituire nella Chiesa una festa per
ricordare in particolare il comandamento dell’amore…
Il nostro Concilio è un incontro di amore e di carità. Il
mondo si aspetta che portiamo questa carità tra gli uomini. È essa che darà
loro la pace di cui hanno bisogno.”
Oggi, all’Istituto
Universitario Sophia di Loppiano, suor Jeanne d’Arc ha difeso la sua tesi, che
ho seguito in questi anni, sulla figura di questo vescovo, un vero Padre della
Chiesa Burundese, e sulla fondazione da lui operata delle suore di Bene-Umukama
(Serve del Signore). Ale suore, in coerenza con tutta la sua vita, ha lasciato
scritto:
“Ecco la mia parola che lascio in eredità: l’amore di Dio e
del prossimo, è la ragione della vostra presenza nella Congregazione delle
Serve del Signore. Innanzitutto amate il vostro amato Gesù Cristo, il Figlio di
Dio venuto ad abitare in mezzo agli uomini. Poi amate le Costituzioni della
vostra Congregazione. Non ho soldi per lasciare; la grande ricchezza che vi
lascio è l’amore fraterno; pregate le une per le altre, esercitare il vostro
apostolato nella carità e nell’amore di Dio, cercate in tutto la santità… Il
mio testamento è: Amatevi le une le altre”.
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