Dal 1200, quando Gerusalemme
fu conquistata dal Saladino, quell’edicola fu trasformata in moschea. Anch’oggi,
quando vi si entra, si è come schiacciati dalla possente cupola, sembra che il
cielo si sia richiuso.
La prima volta che vi salii era una giornata limpida e lo sguardo
poteva spaziare all’infinito su una pianura verde, resa ancora più bella dal
lavoro dell’uomo. Ricordo la gioia di mio padre che guardava incantato il
paesaggio all’intorno inondato di luce, quasi un riflesso di quella che
splendette sul volto di Cristo e che sembrava avvolgesse anche noi.
Su quel monte
Gesù disse ai suoi che gli era stato ogni potere in cielo e in terra. La sua
ascensione avrebbe simboleggiato proprio la sua signoria, l’investitura regale
che riceveva sedendo alla destra del Padre.
Fu allora che
pronunciò la più solenne e straordinaria promessa che mai avesse fatto: “Ecco,
io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Era l’ultima sua
parola.
Partendo, assicurava i suoi che sarebbe rimasto con loro. Una
presenza diversa da quella di prima, quando camminava per le strade di Galilea e
di Giudea. Adesso sarebbe stato con loro con tutta la potenza della sua
risurrezione, con la forza della sua regalità. Sarebbe stato con loro ovunque
fossero andati, in ogni momento, “tutti i giorni”, senza mai lasciarli soli nel
loro cammino. Sarebbe rimasto anche nelle generazioni successive, lungo tutta
la storia della Chiesa, “fino alla fine del mondo”, come Signore del mondo e
della storia, come colui che ha vinto il mondo.
Di cosa temere, con una promessa così?
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