“Alcuni giorni fa, in Piazza, un sacerdote iracheno si è avvicinato e mi ha dato una croce piccola: era la croce che aveva in mano il sacerdote che è stato sgozzato per non rinnegare Gesù Cristo. Questa croce la porto qui…” e ha portato la mano al petto. Così papa Francesco questa mattina ha iniziato il suo dialogo con i giovani religiosi nell’Aula Paolo VI.
Poi ha chiesto che gli venissero rivolte alcune domande. Dopo la
prima il papa ha chiesto al giovane che l’aveva posta, come si chiamava e da
dove veniva. Era un giovane salesiano, Pierre, e veniva proprio dalla Aleppo,
in Siria. Il papa allora si è alzato ed è andato verso di lui per abbracciarlo.
Poco prima avevo parlato con Pierre e gli avevamo chiesto di presentare al papa una domanda. Era venuto a Roma portandosi con sé un proiettile dei tanti che assieme alle schegge delle bombe cadono nel cortile dell’oratorio. Gli sarebbe piaciuto darlo al papa, come segno della tragedie che vive il suo popolo, ma mai avrebbe immaginato che davvero avrebbe potuto avvicinare personalmente il papa (anzi, il papa si è avvicinato a lui!) e consegnarli quella “reliquia”.
Nelle risposto il papa a raccontato alcuni episodi toccanti, come
quello delle suore coreane giunte in un ospedale della sua diocesi di Buenos
Aires, che senza conoscere una parola di spagnolo di conquistano l’affetto
degli ammalati; o come un amici “mangiaprete” di suo papà “convertito” da una
suora che per un mese accudisce la sua famiglia in un periodo di difficoltà.
Più che quello che dice ciò che tocca del papa e come lo dice e i
gesti che compie.
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