La
nostra novena dell’Immacolata termina visitando il santuario della nostra
cappella della casa generalizia, dominata dalla bella statua dell’Immacolata.
Sant’Eugenio
la comprò nel 1822 e la benedisse il 15 agosto 1822. Quel giorno, nella chiesa
dei Missionari ad Aix, Eugenio parla di
lei con tutta l’effusione del cuore, al mattino ai giovani, a sera alla
popolazione convenuta nella chiesa. Alla fine rimane da solo, in preghiera
davanti alla statua, e scrisse: “Da molto tempo non provavo tanta gioia nel
parlare delle sue grandezze, nell’invogliare i cristiani a riporre in lei ogni
fiducia. Mi sono accorto che tutti i fedeli che frequentavano la nostra chiesa
condividevano il fervore che ci ispirava l’immagine della santa Vergine e,
ancora di più, le grazie che lei ci otteneva dal suo divin Figlio, mentre noi
la invocavamo, oso dire, con tanto affetto perché lei è nostra Madre!» Maria, quasi
in contraccambio alle lodi che di lei ha cantato, quella sera gli mostrò la
bellezza della famiglia religiosa a cui Eugenio aveva dato vita da pochi anni:
“Mi sembrava di vedere, di toccare con mano che questa racchiudeva il seme di
grandissime virtù, e che potrebbe operare un bene infinito; la trovavo buona,
in lei mi piaceva tutto, amavo le sue Regole, i suoi Statuti; il suo ministero
mi sembrava sublime, come è effettivamente. Trovavo in lei mezzi sicuri di
salvezza, anzi infallibili, così come mai mi si erano presentati”.
Ad
un dato momento, ancora ai piedi della statua della Vergine, Eugenio avverta la
propria piccolezza e miseria: “Mi sono visto come il solo e vero ostacolo al
grande bene che potrebbe operarsi”. Soprattutto vede passare davanti a sé gli
ostacoli che in quel momento si opponevano all’opera nascente, le difficoltà
poste dai parroci della città, dai vescovi... “Gli ostacoli erano a me ben
presenti, li vedevo come schierati a battaglia”.
Ad
un dato momento sperimenta una fiducia nuova, la certezza che nessuno potrà
distruggere la sua opera: la Madre è lì a proteggerla. La tradizione vuole che
la bella statua gli rivolgesse gli occhi e gli sorridesse. Ancora oggi quella statua
porta ancora il nome di “Madonna del sorriso”.
Quando
in Francia gli ordini religiosi furono espulsi, gli Oblati si portarono con sé
la statua del loro Fondatore, che ha viaggiato con loro qua e là fino a quando,
nel 1950, approdò nella nostra casa. Oggi l’abbiamo venerata e pregata con un
bel gruppo dei nostri giovani e adulti della Famiglia oblata di Roma.
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