Le donne si guardarono l’un l’altra e si dissero: “Forse non abbiamo capito bene”. Doveva venire addirittura un angelo per affidare loro un semplice avviso da bacheca? In quella mattina fresca di primavera avevano trovato la tomba vuota e, dopo il primo smarrimento, avevano avuto un attimo di illusione vedendo apparire un angelo sulla loro strada: finalmente qualcuno avrebbe spiegato l’enigma; invece avevano sentito pronunciare quelle parole di poco valore: “Dite ai discepoli di tornare in Galilea”. Per fortuna, pochi passi più avanti, ad apparire era stato il Signore risorto, ma anche lui per ripetere lo stesso avviso.
Era poi tanto importante questo annuncio, da scomodare un angelo e addirittura Gesù stesso? Sembra proprio di sì. I discepoli avevamo tradito, rinnegato, si sentivano spaesati, smarriti… Con l’invito a tornare in Galilea veniva loro offerta la possibilità di ricominciare di nuovo, non come se nulla fosse accaduto, ma proprio perché era accaduto tutto quello che era accaduto. Soprattutto era un appuntamento con le loro origini, con l’evento fondativo della loro missione; il luogo dell’incontro determinante della vita, della “vocazione”.
Forse un po’ tutti – partiti, sindacati, imprese – siamo “spaesati”, quasi avessimo smarrito il riferimento alle motivazioni iniziali. L’originaria forza propulsiva sembra aver perduto la sua efficacia. Non ne sono toccate soltanto le istituzioni civili e le forze sociali; anche noi personalmente possiamo avere la sensazione di aver perduto il filo d’oro della vita. Davanti a quel rapporto sponsale logorato dagli anni, a quell’insegnamento frustrato da una scuola trasformata in azienda di profitto, a quella professione svolta soltanto a scopo di lucro, non avvertiamo il bisogno di ritrovare la prima ispirazione? Non c’è stato nella vita di ognuno di noi, come agli inizi di ogni tipo di istituzione e opera sociale, un evento, una luminosa intuizione, quasi una chiamata, una spinta che hanno determinato scelte e decisioni?
Avremmo bisogno anche noi di un angelo che ci invitasse a tornare in “Galilea”, al nostro Paese (= terra dei padri, ossia delle proprie origini), per riprendere da lì il cammino; un cammino rimotivato, più maturo perché ricco del percorso fin qui compiuto, sia dritto o tra-viato, coerente o s-paesato. È tutta la Pasqua questo invito a ripartire, a risurrezione.
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