“La loro
mente e cuore dovrà il più che sia possibile essere occupato di Dio o delle
cose spettanti dell’anima”.
Così san
Giuseppe Benedetto Cottolengo pensava le persone contemplative. Lui stesso
avrebbe essere una di loro, come racconta un testimone: “Ricordo aver sentito
da lui medesimo, e ciò sugli ultimi anni della sua vita, come l'unico suo
desiderio, che sentivasi in cuore, sarebbe stato di potersi rimanere, se fosse
volontà di Dio, solo in luogo silenzioso con Gesù Cristo, e poi da questa
contemplazione partire per unirsi col suo Dio”.
Così,
tra le sue tante iniziative c’è la fondazione del monastero di Cavoretto, che
aveva lo scopo di pregare per il bene della Chiesa universale.
Sulla
collina torinese è ora uno dei sei monasteri cottolenghini. L’ho visitato al
termine del convegno sul carisma e anch’io. Un luogo incantevole. All’orizzonte
il Moncenisio candido di neve. Le 20 monache mi aspettano con gioia e mi
ascoltano incantate (ci vuol poco per incantare le monache), mentre gli
racconto di santi e santità. Tra tutte suor Eleonora, che ha fatto la tesi con
me al Claretianum. Come il Cottolengo, sarei voluto rimanere in quel “luogo
silenzioso con Gesù Cristo”.
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