Da Brescia a Torino per partecipare ad un indovinato convegno indetto in occasione dei 200 anni dell’ordinazione sacerdotale di san Giuseppe Benedetto Cottolengo. Torno ancora una volta nella “Piccola casa”, dove ho studiato per quattro anni. La “Piccola casa” è ormai una grande città nella città di Torino.
Titolo del convegno: “Un albero, tanti rami: il Cottolengo ispiratore di esperienze evangeliche e famiglie religiose”. È un incontro di “famiglia allargata”, come si afferma all’inizio. Sono infatti qui radunati, per tre giorni di lavoro, non soltanto i tre istituti fondati dal Cottolengo - i padri, le suore, i fratelli -, ma anche gli istituti i cui fondatori si sono ispirati al Cottolengo: le due congregazioni di san Luigi Guanella, le due di San Giovanni Calabria, le due di San Luigi Orione, le Piccole Suore della Divina Provvidenza, l’Istituto dei Verbo Incarnato, la Congrégation de Servidoras de Jesús del Cottolengo, la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, the Little Servants of the Divine Providence.
San Giuseppe Cottolengo si era ispirato a San Vincenzo di Paoli, san Filippo Neri, san Francesco d’Assisi e a sua volta, lui che si definiva “manovale, balordo, ciabattino”, ha ispirato tanti altri santi. Come meglio si potrebbe illustrare la realtà della comunione dei santi e dai carismi? Ogni carisma è illuminato da altri carismi e altri ne illumina.
L’albero non è, come potrebbe apparire da una prima lettura del titolo, Giuseppe Benedetto Cottolengo, ma Gesù stesso; da lui si diramano tutti i rami, Cottolengo compreso.
Anima e motore del convegno è Carmine Arice, infaticabile organizzatore, con una grande capacità di intessere rapporti. Da anni sta portando avanti lo studio e la riflessione sul carisma e la spiritualità del Cottolengo, coinvolgendo tutti i membri della “Piccola casa”, promuovendo convegni, seminari, gruppi di lavoro. Questa volta vuole contestualizzare il Fondatore nel più ampio orizzonte carismatico della Chiesa.
Nella sala, a vivere l’evento del convegno, circa trecento persone. Incontro anche miei antichi alunni, alcuni di una trentina d’anni fa! Perché tante persone, di tante famiglie religiose? Perché la comunione tra tutti questi fondatori che ruotano attorno al Cottolengo vuole continuare tra i loro figli e figlie. Si tratta di un convegno storico, ma di una storia che continua nell’oggi.
La principale relazione di oggi è affidata al Prof. Stefano Zamagni: I carismi della carità nella storia. Risponde alla domanda sulle concezioni della carità nelle nostre società, in particolare dell’Occidente avanzato, nel corso dei secoli. Illustra le due prevalenti che si sono alternate.
La prima ritiene che il cammino della storia sia tracciato dai potenti e dai poteri costituiti: la spada e il denaro. In questa concezione si riconosce la presenza di eccezioni, date da persone che per scelta libera creano le opere della carità, ma esse sono viste come “addittive”, si aggiungono alle altre, sono lodate, aiutate, ma non devono alterare, contagiare o disturbare le organizzazioni vere e proprie.
L’altra concezione riconosce alle opere di carità il dovere di contaminare le altre forme di economia, la politica, alla cultura, in modo che questi altri mondi siano vivificati dalla carità.
Il professore illustra la sua tesi con un veloce interessantissimo excursus storico, per poi indicare l’apporto che oggi la “carità” può offrire alla nostra società: condivisione, reciprocità, per-dono.
La seconda relazione è affidata a me. Le solite cose… e altro!
Titolo del convegno: “Un albero, tanti rami: il Cottolengo ispiratore di esperienze evangeliche e famiglie religiose”. È un incontro di “famiglia allargata”, come si afferma all’inizio. Sono infatti qui radunati, per tre giorni di lavoro, non soltanto i tre istituti fondati dal Cottolengo - i padri, le suore, i fratelli -, ma anche gli istituti i cui fondatori si sono ispirati al Cottolengo: le due congregazioni di san Luigi Guanella, le due di San Giovanni Calabria, le due di San Luigi Orione, le Piccole Suore della Divina Provvidenza, l’Istituto dei Verbo Incarnato, la Congrégation de Servidoras de Jesús del Cottolengo, la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, the Little Servants of the Divine Providence.
San Giuseppe Cottolengo si era ispirato a San Vincenzo di Paoli, san Filippo Neri, san Francesco d’Assisi e a sua volta, lui che si definiva “manovale, balordo, ciabattino”, ha ispirato tanti altri santi. Come meglio si potrebbe illustrare la realtà della comunione dei santi e dai carismi? Ogni carisma è illuminato da altri carismi e altri ne illumina.
L’albero non è, come potrebbe apparire da una prima lettura del titolo, Giuseppe Benedetto Cottolengo, ma Gesù stesso; da lui si diramano tutti i rami, Cottolengo compreso.
Anima e motore del convegno è Carmine Arice, infaticabile organizzatore, con una grande capacità di intessere rapporti. Da anni sta portando avanti lo studio e la riflessione sul carisma e la spiritualità del Cottolengo, coinvolgendo tutti i membri della “Piccola casa”, promuovendo convegni, seminari, gruppi di lavoro. Questa volta vuole contestualizzare il Fondatore nel più ampio orizzonte carismatico della Chiesa.
Nella sala, a vivere l’evento del convegno, circa trecento persone. Incontro anche miei antichi alunni, alcuni di una trentina d’anni fa! Perché tante persone, di tante famiglie religiose? Perché la comunione tra tutti questi fondatori che ruotano attorno al Cottolengo vuole continuare tra i loro figli e figlie. Si tratta di un convegno storico, ma di una storia che continua nell’oggi.
La principale relazione di oggi è affidata al Prof. Stefano Zamagni: I carismi della carità nella storia. Risponde alla domanda sulle concezioni della carità nelle nostre società, in particolare dell’Occidente avanzato, nel corso dei secoli. Illustra le due prevalenti che si sono alternate.
La prima ritiene che il cammino della storia sia tracciato dai potenti e dai poteri costituiti: la spada e il denaro. In questa concezione si riconosce la presenza di eccezioni, date da persone che per scelta libera creano le opere della carità, ma esse sono viste come “addittive”, si aggiungono alle altre, sono lodate, aiutate, ma non devono alterare, contagiare o disturbare le organizzazioni vere e proprie.
L’altra concezione riconosce alle opere di carità il dovere di contaminare le altre forme di economia, la politica, alla cultura, in modo che questi altri mondi siano vivificati dalla carità.
Il professore illustra la sua tesi con un veloce interessantissimo excursus storico, per poi indicare l’apporto che oggi la “carità” può offrire alla nostra società: condivisione, reciprocità, per-dono.
La seconda relazione è affidata a me. Le solite cose… e altro!
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