Chi avrebbe mai immaginato che quelle ragazze semplici avessero il coraggio di mettersi di dare insegnamento a chi non poteva permettersi di andare a scuola, un lusso, allora, riservato alle famiglie dell’aristocrazia o ai ricchi commercianti. C’era chi le prendeva in giro, fino al disprezzo: “Ma chi si credono di essere”. Nella Francia del 1600 la loro iniziativa ardita - aprire qua e là alcune scuolette per i poveri - è una novità non facilmente comprensibile.
In mezzo alle difficoltà i legami che univano il piccolo gruppo si fortificavano gradualmente: pregavano insieme, si scambiavano idee e progetti, e soprattutto lavorano insieme, senza preoccuparsi per l’avvenire. Alcune di loro si ritrovava per condividere l’esperienza che stanno vivendo e per confrontarsi con P. Nicola Barrè (1621-1686), il padre Minimo che aveva iniziato con loro la nuova esperienza educativa. Egli, intuendo la possibilità di una dedizione totale e radicale delle giovani, “preso dallo Spirito”, fece loro la proposta di abitare in comune, ma senza assolutamente senza i tre famosi voti. Allora infatti non si immaginava la possibilità di “suore” come le conosciamo adesso. Consacrarsi a Dio voleva dire essere rinchiuse in un convento e allora… addio insegnamento! Ma insieme sì, potevano stare; non sarebbe stato bello vivere insieme?
Le ragazze non ci avevano ancora pensato e, come racconta Margherita Lestocq, che sarà la prima “suora” del nuovo gruppo, rimasero a bocca aperta davanti alla proposta: “… Padre Barrè ci disse che aveva un pensiero e una forte ispirazione di formare una comunità. Ecco come ce lo propose e ci inviò: “Andate a pranzare con le vostre sorelle che fanno scuola presso le Carmelitane; poi pregatele di pranzare con voi alla scuola dei Penitenti, e considerate se potete vivere insieme, le une con le altre” (…) Noi vi andammo per obbedienza, ma assai ciecamente, non comprendendo il mistero. Poi il Rev. Padre ci chiese “Volete vivere in comunità, con la condizione che non avrete nessuna sicurezza? Avrete solo il necessario, ben poca cosa. Se vi ammalerete, andrete all’ospedale (allora luogo di reclusione per vagabondi, appestati e poveri; chi poteva si curava in casa). Pensate alla risposta”.
La risposta delle giovani donne fu un sì senza ripensamento, anche grazie all’esperienza dei quattro anni già passati insieme: “Noi – continua Margherita – rispondemmo di grandissimo cuore: “Sì, lo vogliamo, e ci abbandoniamo alla Divina Provvidenza con totale disinteresse”. Detto, fatto: entrammo in comunità”.
Nacque così una nuova comunità religiosa, le Suore del Bambino Gesù. Suore… senza voti, unite soltanto da un progetto educativo e da un saldissimo legame di amore reciproco, come Padre Nicola scrisse nei loro Statuti e Regolamenti al 1° capitolo: “Vivranno in comunità, senza emettere voti, (…) risolute a rimanere in unione di spirito, di cuore e di missione con tutti i membri delle scuole di carità… Si ameranno e si rispetteranno reciprocamente, come sorelle, e si esamineranno su questo punto di unione vicendevole, durante l’esame di coscienza della sera e del mattino”.
Padre Nicola Barrè non vincolò le suore ad una struttura, ma a un mutuo impegno fra loro: “rimanere in unione di spirito, di cuore e di missione”; un mandato al quale esse rimasero fedeli, nonostante le allettanti e più sicure proposte offerte in seguito da personalità del mondo politico e religioso francese, nonostante la dispersione e la persecuzione della Rivoluzione Francese. Fino al 1866, anno nel quale saranno riconosciute ufficialmente come congregazione e inizieranno ad emettere i voti, le relazioni reciproche, suggellate dal patto iniziale, hanno assicurato all’istituto più di 200 anni di permanenza e di vitalità iniziale.
Da questo sì iniziale è sgorgato un fiume che nel corso di 350 anni ha raggiunto terre e realtà culturali diverse. Dopo la morte del padre Barrè le suore si diffusero velocemente in tutta la Francia. Alla vigilia della Rivoluzione francese erano presenti in 48 diocesi: insegnavano a vivere il Vangelo come a leggere e a scrivere, e preparavano le ragazze ad un lavoro dando vita alle prime scuole professionali.
Scoppiata la Rivoluzione furono costrette ad abbandonare le loro case e a disperdersi in diverse parti della Francia; alcune vennero imprigionate, e non se ne seppe più nulla… Eppure l’Istituto mantenne la sua vitalità: prudentemente e nella misura del possibile, anche durante la Rivoluzione le suore continuarono il loro lavoro silenzioso. Cacciate da un luogo, riprendevano la loro missione in altro, lavorando spesso in segreto. La madre generale manteneva un legame “clandestino” tra tutte. Così il “fiume” continuò a scorrere, in maniera carsica, sottoterra, aspettando che il pericolo passasse.
Finita la tormenta rivoluzionaria, la ripresa. Nel XIX secolo le suore iniziarono l’espansione missionaria nel continente asiatico: Malesia (1851), Tailandia (1885 e 1957), Giappone (1872: furono le prime religiose a raggiungere il Paese!), Singapore (1853), Cina (1936 ). Intanto in Europa l’Istituto si diffondeva in Spagna, Inghilterra, Belgio, Italia, Irlanda. Nella seconda metà del secolo XX le suore continuano a spandersi nei contiventi: California, Perù, Bolivia, Australia, Cameroun, Nigeria; e in questi ultimi decenni Filippine, Romania, Repubblica Ceca, Myanmar...
Oggi, come agli inizi, il desiderio che muove le suore è quello di far conoscere e amare Gesù attraverso i ministeri più vari, che continuano ad evolversi secondo le esigenze di ciascun Paese: Rimangono attente all’azione educativa dei bambini e dei giovani, tra gli immigrati, i detenuti e le loro famiglie, con la creatività di sempre: progetti agricoli, assistenza ai ragazzi di strada, centri medici per donne e bambini…
Vedendole in azione tornano alla mente le parole di Padre Nicola Barré: “L’Istituto delle Suore del Bambino Gesù ha per origine il cuore di Dio stesso. Egli ha amato il mondo a tal punto da dare il suo unico Figlio… affinché coloro che credono in Lui non periscano ma abbiano la vita eterna”.
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