Ho ricordato gli
inizi della “Parola di Vita”, quando ancora non c’erano i commenti scritti, ma
solo orali, che passavano di bocca in bocca, e ogni volta che si trasmetteva la
Parola di Vita ad altre persone, la si raccontava con parole proprie,
arricchita da nuove esperienza. Non soltanto la Parola era viva, ma era vivo
anche il commento, non fissato su carta, ma scritto sui cuori e quindi ripetuto
adattandolo alle circostanze, alle persone…
Ognuno era abilitato
a ripetere l’annuncio evangelico, con la libertà dello Spirito, ascoltando
quella “voce dentro” e si sarebbero lasciati guidare da essa. Così, di bocca in
bocca, la Parola di Dio cresceva grazie alla crescita della vita, arricchendosi
di nuove esperienze. Ognuno si sentiva investito della dimensione profetica di
cui ogni battezzato è investito.
Vi era già in germe
il principio della inculturazione della Parola, che si adattava in maniera
rispondente a ogni circostanza e a ogni persona.
La trasmissione della
Parola di Vita era poi condizionata dall’ambiente che si creava quando veniva
annunciata: bisognava creare il “clima” adeguato, lo stesso che si creava
attorno a Gesù quando parlava ai discepoli e alle folle.
Penso occorra
ritrovare quella freschezza e audacia che caratterizzava il modo di vivere e di
trasmettere il Vangelo, evitando il rischio, sempre in agguato, di fissarsi
troppo sul commento scritto che ci arriva mese per mese, con pigra
ripetitività, pensando che tutto si esaurisca nel leggerlo. Sarebbe la
fossilizzazione della Parola di Vita. Essa domanda di essere fatta propria,
personalizzata, adattata, tradotta, interpretata, con la creatività e la
libertà dello Spirito, così che sprigioni davvero, secondo la sua natura, la
“Vita”.
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