Sto partecipando a un seminario sulla santità. Cosa di più bello? Sembra
una raltà lontana, per pochi eletti. No, non è un optional, tutti siamo davvero
chiamati a vivere in pienezza la vita cristiana.
Ho richiamato gli elementi
essenziali, a cominciare dal “Santo”, il nome per eccellenza di Dio. Questa
parola, in ebraico come in greco, suggerisce l'idea di separazione. Indica
l'intensità dell’esistenza di Dio, il suo essere inaccessibile, la sua
trascendenza. Egli è il totalmente altro da tutto quello che possiamo
conoscere: «Chi è come te tra gli dèi, Signore? Chi è come te, maestoso in
santità, operatore di prodigi?» (Es
15,11). «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è
piena della sua gloria» (Is 6,3).
Questo uso triplicato del termine «santo», secondo la grammatica ebraica, è
come un superlativo straordinario, di un'intensità incomparabile.
La santità appartiene
propriamente a Dio solo è la sua perfezione, ma egli può comunicarla ad altri
esseri separandoli dalla circostante sfera profana e introducendoli nella sua
sfera. Così è dei luoghi in cui JHWH si manifesta: il roveto ardente, il cielo,
il tempio, Gerusalemme, ma soprattutto il suo popolo. Il suo piano è fare del
suo popolo una nazione santa: «Voi sarete per me la proprietà tra tutti i
popoli… Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa» (Es 19, 3-6).
Israele deve rispondere a questa
chiamata santificandosi: «Siate santi, perché io, JHWH, Dio vostro, sono santo»
(Lv 19, 2); concretamente attraverso
la separazione: “Sarete santi per
me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli,
perché siate miei” (Lv 20,
26).
In Gesù il tre volte Santo di
Isaia si manifesta come Dio Uni Trinitario: Gesù è il Santo di Dio, prega il Padre Santo
e dona lo Spirito Santo. Il Dio
Santo, inconoscibile, totalmente altro, si fa vicino a noi, Emmanuele, anzi si
fa uno di noi, viene a vivere in mezzo a noi e mostra la natura più intima
della sua santità: perché tre volte Santo Dio, vive nella reciprocità del dono,
dell’accoglienza, della mutua immanenza, è Amore.
Gesù non soltanto mostra la
santità di Dio, ma la comunica in virtù della sua immolazione sulla croce:
«siamo stati santificati mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una
volta per sempre» (Eb 10, 10). Egli,
nel dono dello Spirito, è la nostra santificazione: (Cor 1, 30); «siete stati santificati, nel nome del Signore Gesù
Cristo e nello Spirito del nostro Dio» (1
Cor 6, 11).
Si tratta di una partecipazione vera,
reale, alla santità di Dio e alla sua vita intratrinitaria: «Siamo figli di
Dio, e lo siamo realmente!» (1 Gv 3,
1); un «germe divino dimora» in noi (1 Gv
3, 9); siamo “partecipi della natura divina» (1 Pt 1, 4), della vita di Dio Trinità e Amore.
La santificazione operata da Gesù
mediante lo Spirito consiste nella creazione di un popolo santo: «Voi siete la
stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è
acquistato» (1 Pt 2, 9-10). Cristo infatti
«ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-27). È una santità collettiva: «Dio
ha voluto santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun
legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse
nella verità e fedelmente lo servisse» (LG
9).
I cristiani quindi sono
giustamente chiamati «santi»; questa la designazione ordinaria dei membri della
comunità primitiva, prima in Palestina e poi in tutte le altre Chiese come
appare nelle lettere paoline.
Tele santità ontologica o
oggettiva domanda di essere tradotta in santità morale o soggettiva. I verbi da
indicativi si fanno imperativi: «Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra
mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella
santità vera» (Ef 4, 17.20-24). «I
fedeli devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la santità
che hanno ricevuta» (LG 40).
Se l’amore è la natura di Dio, la
sua santità, è nell'amore e nel dono di sé che si può diventare quello che si è
oggettivamente: santi. La santità è la pienezza, la perfezione dell'amore: «Dio
è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Gv 4,16).
La santità di risposta implica
una crescita costante verso la perfezione.
Nel Vangelo, Gesù parla a due
riprese di perfezione: alla fine del discorso della montagna: «Siate voi dunque
perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48); al giovane ricco: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi…,
poi vieni e seguimi» (Mt 19, 21; cf. Mc 10, 21; Lc 18, 22).
Anche Paolo adopera l'espressione
«perfetto», «perfezione » per indicare una certa pienezza di vita cristiana: «Non
che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione;
solo mi sforzo di correre… corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio
ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo
avere questi sentimenti» (Fil 3,
12-15). Egli mette sullo stesso piano «raggiungere la mèta» e essere perfetti, che
giungono al pieno sviluppo della vita e del pensiero cristiano, alla maturità
spirituale (cf. 1 Ts 5, 23; 1 Cor 2, 6; 14, 20; 2 Cor 13, 9-11; Ef 4, 13;
Eb 5, 14).