Una ulteriore narrazione del
Natale di Gesù è quella dell’autore della Lettera agli Ebrei. Al pari di
quella di Paolo non vi sono riferimenti a circostanze storiche o ambientali. La
lettera, a cominciare alla prima riga, offre piuttosto una riflessione sulla
missione che il Padre affida al Figlio.
Paolo parlava della “pienezza
del tempo”, la Lettera agli Ebrei di “questi giorni” che, preceduti dai “tempi
antichi”, indicano il momento della completa manifestazione di Dio, la pienezza
dei tempi appunto: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi
aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha
parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e
mediante il quale ha fatto anche il mondo» (1, 1-2).
Secondo il Vangelo di
Giovanni tra il Padre e il Figlio vi è un dialogo costante: il Padre lo ama e
gli manifesta tutto quello che fa (5, 20), si conoscono (10, 15), sono una cosa
sola (10, 30), l’uno nell’altro (14, 11). La Lettera agli Ebrei ricorda che il
Padre dice: “Figlio mio sei tu, oggi ti ho generato” (5, 5), e il Figlio
risponde: “Abbà, Padre”. Questo da tutta l’eternità e per tutta l’eternità.
Adesso avviene qualcosa di
nuovo.
Se nei tempi passati Dio si
era già rivolto all’umanità attraverso i suoi profeti, adesso, “ultimamente”,
vuole indirizzare ad essa la sua parola direttamente, senza intermediari.
Decide di mandare sulla terra la sua Parola, quella che pronuncia da tutta
l’eternità e per tutto l’eternità, il Verbo, il Figlio suo. La Parola, che nel
seno della Santissima Trinità è rivolta verso il Padre, adesso si gira e di rivolge
verso di noi. Gesù è la Parola del Padre diretta a noi, senza più mediazione, al
punto che – come dirà Giovanni – le sue parole non sono sue, ma del Padre che
lo ha mandato (Gv 14, 24).
Natale è parola di Dio
per noi. È “la Parola”, il Verbo del Padre dice a noi, che viene tra di noi e
fa udire la voce del Padre, rivela in pienezza chi è Dio e ci porta Dio e in Dio.
Per far risuonare tra noi la voce di Dio, la Parola di Dio prende un corpo, si fa uomo, è Gesù. L’autore della Lettera agli Ebrei lo sente proclamare: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”» (10, 5.7). Sono le prime parole pronunciare da Gesù venendo sulla terra.
I tempi antichi sono
definitivamente terminati, erano una preparazione a “questi giorni”. Sugli
altari venivano immolati sacrifici di animali, a significare la volontà di dare
a Dio il meglio di quanto si possedeva. Nei tempi nuovi non c’è più bisogno di
vittime da bruciare in olocausto perché il loro profumo salga al cielo. Adesso
c’è finalmente la possibilità di un’offerta vera, piena, degna di Dio. Il
Figlio ha un corpo con il quale può donarsi al Padre. Il sacrificio gradito a
Dio è il compimento della sua volontà.
Tutto ciò “in questi giorni”. Natale
non un evento chiuso nel passato, è evento di oggi, di “questi giorni”.
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