Maria lo avvolge di fasce.
Un gesto materno, pieno di tenerezza e d’amore. Un gesto preparato fin da
quando aveva saputo di essere in attesa di un bambino. Come ogni mamma avrà
preparato i panni. “Mancano panni e fuoco”, cantiamo a Natale col sublime Tu
scendi dalle stelle. Lo concediamo alla poesia, ma i genitori di Gesù, per
quanto poveri, non erano né impreparati alla nascita, né sprovvisti dell’essenziale.
L’angelo lo aveva annunciato come «Figlio dell’Altissimo», ma sarebbe pur stato
un bambino e come ogni bambino avrebbe avuto bisogno di tutto. Mistero di Dio
che si fa uomo nella fragilità di un bambino che deve essere avvolto in fasce
per proteggerlo dal freddo.
In quel gesto di Maria i
Padri della Chiesa hanno visto significato l’umanità che avvolge la divinità,
la Madre che riveste d’umanità la divinità del Figlio di Dio, vero Dio e vero
uomo.
La tradizione vi ha visto un ulteriore segno. Quel gesto della Madre prelude a quello di altre donne che lo avvolgeranno in un altro panno, dopo la tua morte. Maria lo depone in una mangiatoia, le donne del Calvario in un sepolcro. Nell’iconografia orientale della Natività la culla è più simile a una bara, le fasce ad un cadavere come quello di Lazzaro che viene fuori dalla tomba, la grotta alle spalle del neonato, nera, è la cavità di una tomba. Nascita e morte del Salvatore sono gli estremi di un unico mistero: l’amore che si incarna e che dà la vita: si è fatto uomo, avvolto dalla nostra miseria, dal nostro peccato, dalla nostra morte.
Nello stesso momento appare
un altro avvenimento, di segno opposto: la gloria del Signore avvolge di luce i
pastori. Dalla casa di Betlemme l’evangelista sposta il suo sguardo verso i pastori,
accampato fuori città, nella campagna. La tradizione indica, a pochi chilometri
da Betlemme, il “campo dei pastori”, dove nella notte venivano vegliate le
pecore.
I pastori, persone semplici,
abitualmente non sapevano né leggere né scrivere, vivevano ai margini dei
villaggi, sono scartati e temuti, ritenuti impuri. Sono gli ultimi. L’angelo si
rivolge proprio a loro per il grande annuncio: “Vi è nato un Salvatore”. Sono subito
avvolti di luce, trasfiguri e ritrovano la dignità regale di figli di Dio.
Un gesto materno riveste di
panni Gesù. Un gesto paterno di tenerezza e d’amore, pensato fin dall’inizio
dei tempi, e prima ancora, da tutta l’eternità, riveste di luce i pastori. L’umanità
è divinizzata. L’uomo accoglie Dio ed è trasformato in Dio. Divino e umano,
Cielo e terra si abbracciano. È il “mirabile scambio” cantato dai nostri
antichi Padri: l’uomo, in Maria, dà a Dio la sua umanità e Dio, in Gesù, dà
all’uomo la sua divinità. Il Figlio di Dio si fa uomo per fare dell’uomo il
figlio di Dio, avvolto di gloria. Scende su questa nostra terra e ci innalzi
nel suo Cielo. Spegne la tua luce, si rende opaco, nasconde la sua gloria celeste
nella piccolezza di un comune bambino e accende i poveri pastori, noi poveri, del
divino.
Nessun commento:
Posta un commento