Prima di ieri non ero mai stato nella biblioteca del monastero cistercense
di Santa Croce in Gerusalemme. I monaci non ci sono più, come non sono più alla
certosa di Firenze. Hanno comunque lasciato memorie indelebili. La sala è
avvolta da un’infinità di documenti ben classificati negli scaffali, mentre il
soffitto è affrescato con il trionfo della croce.
In questa ricca scenografia si è tenuta la presentazione del libro di Chiara
D’Urbano, Per sempre o finché dura, davanti
a un pubblico nutrito e motivato; o meglio non “davanti”, ma “con”, vista la
sentita partecipazione e il dialogo innescato tra tutti.
Che titolo efficace! Mi è venuta in mente la pubblicità di una nuova
società telefonica appena sbarcata in Italia che promette una tariffa di 5,99
euro, per sempre. Una proposta del
genere attira: Per sempre… Magari fra sei mesi la compagnia cambia tariffa:
appunto, finché dura. “Per sempre” è comunque una grande lusinga, basterebbe
ricordare il film “Quo Vado?”, con Checco Zalone che cerca in maniera ossessiva
e ostinata il “posto fisso”.
Il tema del libro è il “per sempre” della scelta della vocazione religiosa,
ma potrebbe valore anche per quella matrimoniale e per tante altre.
Ogni volta che penso al mio “Per sempre” non riesco a immaginarlo disgiunto
dal “Da sempre” di Dio. Lui mi ha pensato, amato, scelto da sempre. Il mio per
sempre sarà tale soltanto nella misura in cui comprendo il suo da sempre e da
esso mi lascio trascinare. Potrei argomentare e sviluppare, ma l’idea mi pare
già chiara e risolutiva.
Quando poi si parla di vocazione è naturale pensare ai giovani. E ieri era
presente un bel gruppo di giovani consacrati e consacrate che hanno condiviso
le loro esperienze. Fa bene, a chi ha “una certa età” (è un bell’eufemismo)
sentire i giovani: può rispecchiarsi in essi, ricordare il proprio entusiasmo
degli inizi, la freschezza della scelta, la gioia di una vita che si apre
davanti con tante promesse. Dà tono stare con i giovani.
Ma forse anche ai giovani farebbe bene ascoltare le esperienze degli
anziani.
Proprio nello stesso momento in cui ieri eravamo nella biblioteca alla
presentazione del libro, il Papa, in sala Paolo VI, rivolgendosi ai giovani,
diceva:
“Parlate con i vecchi [niente eufemismi!], parlate con i nonni: loro sono le
radici, le radici della vostra concretezza, le radici del vostro crescere, fiorire
e portare frutto. Ricordate: se l’albero è solo, non darà frutto. Tutto quello che
l’albero ha di fiorito, viene da quello che è sotterrato. Questa espressione è di
un poeta, non è mia [si riferiva, ancora una volta al pioppo di Rebora!]. Ma è la
verità. Attaccatevi alle radici, ma non rimanete lì. Prendete le radici e portatele
avanti per dare frutto, e anche voi diventerete radici per gli altri”.
La vocazione e il cammino vocazionale non è esclusivo dei giovani: è il
cammino di tutta la vita. Anche quando si parla di formazione si divide in
maniera un po’ eccessiva la prima formazione dalla formazione continua. Una
vita è una vita, un continuum.
Se è bello sentire i giovani che raccontano delle loro scelte e del loro
futuro, è bello anche sentire raccontare cammini di lungo corso, fatti di
conquiste ma anche di fallimenti, di momenti di luce e di buio, di gioia e di
tristezza, di fedeltà eroiche e di infedeltà. E perché siamo ancora qui? Questo
è il segreto da scoprire: la bellezza della continuità nella discontinuità. Anche
di questo si potrebbe scrivere un libro. Tutto è possibile perché prima del per
sempre c’è un da sempre!
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