venerdì 13 febbraio 2015

San Valentino: un milione di innamorati

Sarebbe un fallimento se l’Anno della vita consacrata, indetto da papa Francesco, fosse celebrato nel chiuso dei conventi, quasi riguardasse soltanto suore, frati, religiosi, membri degli istituti secolari e tutta quella selva di persone consacrate dalle mille denominazioni. A volte entrare in questi mondi delle persone “consacrate” dà l’impressione di entrare in una realtà un po’ misteriosa ed esotica.
Inoltre si tratta di una realtà ritenuta piuttosto marginale: che nella Chiesa cattolica la vita consacrata ci sia o non ci sia sembra non abbia una grande rilevanza, ne se può fare a meno. In fondo le persone interessate sono appena un milione, a fronte di un miliardo e trecento milioni di cattolici. La vita consacrata viene considerato un elemento positivo, ma a volte semplicemente decorativo. Difatti i manuali di ecclesiologia, su un 700 pagine ne dedicano sì o no una decina appena a questa realtà: ci sono cose ben più importanti di cui parlare.
Ma cosa sarebbe la Chiesa senza Benedetto e Bernardo, Francesco e Domenico, Ignazio di Loyola e Teresa d’Avila, Angela Merici e Vincenzo de Paoli, Giovanni Bosco e Teresa di Calcutta? Cosa sarebbe la Chiesa senza la santità, senza i carismi di questi grandi santi che continuano ad essere presenti nelle famiglie da loro generate? Che Chiesa povera, fatta solo di strutture, incapace di attrarre.
Assieme alla santità, la vita consacrata tocca la missione stessa della Chiesa. I movimenti religiosi nati dai carismi sono diventati naturali evangelizzatori. Basterà pensare all’invio dei Benedettini in Inghilterra, fino alla penetrazione del cristianesimo in Cina e nel Nuovo Mondo da parte degli Ordini religiosi, all’esplosione missionaria dell’Ottocento, che si estende dall’Africa all’Oceania, alle missioni artiche.

L’Anno indetto da papa Francesco potrebbe essere l’occasione per prendere coscienza del dono che Dio ha fatto e fa alla Chiesa con i carismi. L’annuncio fu dato il 29 novembre 2013, alla fine dell’incontro con 120 Superiori generali, dietro suggerimento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Esso è stato pensato nel contesto dei 50 anni del Concilio Vaticano II, e più in particolare a 50 anni dalla pubblicazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita religiosa. Iniziato il 30 novembre scorso, l’Anno è scandito da un calendario ricco di eventi e terminerà il 2 febbraio 2016. Gli obiettivi sono enunciati nella Lettera apostolica di indizione (21 novembre 2014): 1) guardare il passato con gratitudine, 2) vivere il presente con passione, 3) abbracciare il futuro con speranza. 
Fin dalla prima riga della Lettera si avverte il coinvolgimento personale del papa: scrive non soltanto come Successore di Pietro, ma come “fratello vostro, consacrato a Dio come voi”. Soltanto Francesco, perché Gesuita, poteva presentarsi come papa fratello. Non si tratta di una “captatio benevolentiae”: tutta la lettera è una sincera condivisione di gioie, problemi, speranze… Il papa è dentro la realtà dei consacrati, espressione di tutti loro.
Ma nella sua lettera si rivolge anche ai laici che, assieme alle persone consacrate, condividono ideali, spirito, missione. Attorno ad ogni Istituto è infatti presente una ricca pluralità di soggetti. È poi la volta dell’intero popolo cristiano “perché prenda sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristianesimo”. Si rivolge inoltre “alle persone consacrate e ai membri di fraternità e comunità appartenenti a Chiese di tradizione diversa da quella cattolica”, perché anche loro partecipino all’iniziativa dell’Anno della vita consacrata, e attira l’attenzione anche al monachesimo di altre religioni.
In una parola è l’invito a vivere questo anno con grande respiro; un anno che dovrà vederci tutti protagonisti di una realtà che ci appartiene.


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