sabato 9 ottobre 2021

Seguimi

 


Nell’Antico Testamento si seguiva solo Dio e i suoi comandamenti, la legge: “Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia… seguirà la via dei suoi decreti” (Sal 119, 14.33)

Anche l’uomo che nel Vangelo di questa domenica compare davanti a Gesù e gli chiede come avere la vita eterna pensa che per ottenerla occorra seguire i comandamenti ed essere buoni. Nessuno lo mette in dubbio, è proprio così. Ma ormai non basta più, adesso c’è Gesù, Dio venuto tra noi, ed è egli stesso la legge, il solo buono! Non basta seguire i comandamenti, sia pure dall’infanzia, adesso occorre seguire Gesù!

“Seguimi” è l’invito che Gesù rivolge tutto il Vangelo. Non si segue più una norma, ma una persona! E Gesù è sempre in movimento, in cammino, va sempre avanti, per una strada che nessuno ancora conosce. Occorre lasciare il proprio mondo per entrare nel suo, le proprie sicurezze e fidarsi solo di lui. In una parola occorre lasciare tutto, altrimenti non si è liberi di seguirlo dove e come vuole. Al punto da “rinnegare” se stessi e prendere la propria croce.

È un atto d’amore questo invito. Prima di chiedergli di seguirlo, Gesù guarda quest’uomo negli occhi, forse a lungo, così come all’inizio del Vangelo aveva visto Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni… È uno sguardo attraverso i quale egli penetra dentro, per deporre e spiegare il disegno, il sogno che Dio ha da sempre su quella persona.

“E lo amò”. Così la traduzione più normale di egapesen, agapao, il verbo che indica l’amore più alto, gratuito, che caratterizza Dio stesso. Stranamente Joachim Gnilka, uno degli autori che amo leggere, traduce: “lo baciò”, e in nota: “egapesen indica una concreta manifestazione dell’amore (baciare, abbracciare, accarezzare)”. Passo allora al Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, e alla parola agapao leggo che il vocabolo “si può rendere abbastanza appropriatamente con amare”. Ma poco dopo si aggiunge: “Significati differenti dall’uso generale sono egapesen” e il primo dei due significati differenti dall’uso generale è proprio il nostro versetto di Mc 10, 21, che traduce: “provò un senso d’affetto per lui”. Mi è subito venuto alla mente l’abbraccio che Gesù aveva riservato poco prima al bambino che aveva chiamato in mezzo ai discepoli per mostrare loro un modello (cf. 9, 35). Non è bello questo Gesù così “umano” che non ha paura di manifestare il proprio amore con un abbraccio, con una dimostrazione d’affetto? Esprime tutto l’amore di Dio, ma di un Dio incarnato! Lo stesso affetto è dimostrato verso i discepoli che già lo seguono, ai quali subito dopo si rivolge chiamandoli “figli”, un appellativo abbastanza raro nei Vangeli.

E cosa chiede? Di seguirlo: “Segui-mi”. Chiama ad andare a lui, a fare la strada con lui. L’accento non è su “vendi quello che hai”, ma su segui Me. Naturalmente per seguirlo occorrerà pure lasciare le cose, altrimenti si resta incollati al proprio posto, legati da mille cose, incapaci di spostarsi lungo i sentieri del Maestro. Potrebbe diventare anche costoso tagliare con tutto, come dimostra di aver fatto Pietro assieme ai suoi compagni. (Interessante che la versione greca della koiné riprendendo Mc 8, 34, aggiunga: “seguimi e prendi la croce”.) Ma soltanto così, in questa incondizionata sequela, la persona trova la sua piena realizzazione, fino ad avere cento volte di più di quanto ha lasciato, e in più avrà Gesù stesso, la Vita eterna.

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