In quel tempo, Gesù prese
con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte,
loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti,
bianchissime... Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì
una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!» (Mc
9, 2-10).
È la seconda volta che ti
sentiamo proclamare Figlio di Dio.
La prima fu al momento del
battesimo, quando il Padre, rivolgendosi direttamente a te, ti dichiarò il suo
infinito amore: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Oggi il Padre ti proclama
ancora Figlio suo, ma rivolgendosi a noi, per svelarci la tua vera identità.
Erano passati appena sei
giorni, come annota Marco, da quando avevi sconvolto i tuoi discepoli
annunciando loro il tuo prossimo soffrire e la tua uccisione. Lo sentiranno
ripetere per altre due volte, ancora dopo la Trasfigurazione. Ogni volta,
assieme alla passione e morte, annunci anche la risurrezione. Non per questo
dobbiamo credere che soltanto dopo la risurrezione sei Figlio di Dio e Signore.
Lo sei già dal principio, da sempre. Prima ancora del giorno di Pasqua tu sei splendente
di gloria, nel volto, nelle vesti… Sei il Signore della gloria proprio nel
momento in cui cammini verso la croce.
Abitualmente ti nascondi tra
la folla, come uno dei tanti. Facendoti uomo hai spento la luce della tua
divinità e nascosto la tua gloria. Lungo le nostre strade i tuoi piedi si
impolverano, patisci freddo e fame, ti stanchi… I tre discepoli che oggi ti
vedono trasfigurato e splendente, presto ti vedranno prostrato a terra nel
podere del Getsemani, oppresso dalla paura e dall’angoscia. Eppure tu sei
sempre lo stesso. Il giorno di Pasqua rivelerai ciò che tu sei già, fin da ora.
Nella croce c’è già, nascosta ma realmente presente, la gloria. Il
Trasfigurato, il Crocifisso, il Risorto è sempre la stessa persona, lo stesso
Dio.
Non sarà così anche per noi?
Separiamo gioie e dolori, momenti di luce e di tenebre, croce e risurrezione.
Camminiamo portando la nostra croce di ogni giorno, nella fatica. Viviamo la
vita come un tempo di prova, in attesa della risurrezione futura. La gioia, la
luce, la vita vera ce la figuriamo in un aldilà. Ma tu, non sei già presente a
noi proprio nella nostra croce di ogni giorno? Tu, il Risorto, non sei già vivo
in ogni nostra morte? Forse non lo vediamo, non lo sentiamo, ma tu ci sei,
Figlio di Dio.
Anche nel giorno della
Trasfigurazione la tua splendida luce fu presto nascosta da una nube che ti
privò di ogni manifestazione di gloria. Anche i tre “improvvisamente” videro
sparire l’incanto. Non mostravi più quello straordinario volto divino, non più
vesti bianchissime. Il volto era abbronzato come sempre, le vesti impolverate,
Mosè ed Elia scomparsi, il Padre taceva. Vedevano il Gesù ordinario. Ancora più
difficile ravvisare in te il Figlio di Dio quella drammatica notte nella quale
ti sentirono dire che eri triste da morire. Soltanto più tardi potranno comprendere
la verità: non ci sono due Gesù.
Non possiamo aspettare il
“lieto fine” per vivere. Tu sei fin da ora nel nostro patire quotidiano, nelle
croci di cui la vita è disseminata. Non dobbiamo aspettare un poi, che sia
passata la prova, per incontrarti. Anche se una nube appanna la tua figura e la
nasconde, so che tu ci sei e mi vivi. In ogni croce c’è già la risurrezione, ci
sei tu, il Risorto.
Allora anch’io arriverò alla
terza proclamazione della tua filiazione divina attestata nel Vangelo di Marco
e, con il centurione ai piedi della croce, proprio guardandoti morire, nella
tua e nella mia vita, potrò dirti con fede: «Tu sei veramente il Figlio di
Dio».
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